Ovest della Cina. Regione dello Xinjiang. Gli studenti si preparano a tornare a casa al termine della scuola, pronti a passare l’estate in famiglia. Una volta tornati, però, non avrebbero trovato nessuno: né i genitori, né i propri parenti e nemmeno i vicini. Tutti finiti nei campi di detenzione per le minoranze musulmane del paese. Per prevenire proteste e reazioni, le autorità della regione compilano una guida per rispondere alle domande degli studenti che vogliono sapere che fine ha fatto la propria famiglia. “Sono in una scuola di formazione”. Una scuola da cui però non possono uscire liberamente. Agli studenti viene inoltre detto che il loro comportamento avrebbe avuto conseguenze sulla durata della permanenza dei propri familiari in queste strutture: “Siamo sicuri che li sosterrai, perché questo è per il loro bene (…) e anche per il tuo”.
Questa direttiva è solo uno dei documenti governativi riservati che il New York Times ha ottenuto da un whistleblower interno del Partito comunista cinese (Pcc) e pubblicato lo scorso 16 novembre. 403 pagine che forniscono, scrivono Austin Ramzy e Chris Buckley nell’articolo, “una visione interna senza precedenti della repressione” nello regione dello Xinjiang, “dove le autorità negli ultimi tre anni hanno condotto nei campi di internamento e prigioni fino a un milione” di persone appartenenti alla minoranza musulmana, come gli uiguri. Nei documenti riservati ci sono centinaia di pagine con discorsi interni di importanti leader cinesi, rapporti sulla sorveglianza e sul controllo degli uiguri nello Xinjiang, con riferimenti anche a piani per estendere le restrizioni nei confronti dell’Islam in altre parti della Cina.
Ne parla un articolo di Valigia Blu.
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