A cura di @francisco quintay.
“BookMarchs – L’altra voce”, festival dei libri e dei loro traduttori, si tiene in undici paesi delle Marche (province di Fermo e Ascoli Piceno) dal 4 all’8 settembre 2019, con un’anteprima (30 agosto-1° settembre). Il tema della seconda edizione è “Tornare a ridere al giorno: tradurre e ritradurre i classici”).
Su Doppiozero Fabio Pedone presenta questa edizione con articolate considerazioni su cosa implichi “tradurre” i classici, prendendo quale caso di studio la traduzione di kunópis nel quarto libro dell’Odiessea
“Le traduzioni vivono in forme plurali. Non sono monocratiche né monolitiche. Si può sorridere se qualche versione di un’opera letteraria è definita “canonica” o “autorizzata”. Quando sento dire che i libri tradotti “invecchiano” perché “la lingua si evolve” penso sempre a quella diffrazione percettiva che ci coglie quando siamo seduti in treno, in attesa di partire, e di colpo un accenno di vertigine, ecco, ci si muove: meno di due secondi per capire che non siamo noi a spostarci – ci voltiamo, è il treno accanto al nostro che è partito. Inventare una metafora per descrivere il tradurre è sempre un esercizio sdrucciolevole, ma se volessimo dar fede a questa prospettiva dovremmo dire che un classico è un treno che sta fermo, mentre noi – la nostra lingua attuale, sempre in mutamento – siamo sul treno accanto, su quello che si muove. Dubito però che questa sia una descrizione affidabile; pur nella sua novità apparente, pur nel suo appello all’occasione quotidiana, pecca di dogmatismo. Ho il sospetto che anche l’originale sia plurale, esposto a una molteplicità di interpretazioni storiche, oggetto mobile nei marosi del tempo e degli sguardi, e che sia molto rischioso versarsi toto corde nella caccia a una “verità fissa e immutabile” dell’opera fonte.”
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