Martino Mazzonis e Mattia Diletti su Atlante magazine della Treccani partendo dalle biografie degli arrestati per l’assalto al Congresso statunitense cercano di capire se sia possibile tracciare un profilo dei violenti e forse più in generale della base populista.
Non i minatori disoccupati della West Virginia o gli operai delle fabbriche chiuse dell’Ohio, ma neppure gli imprenditori con jet privato in grado di pagarsi alberghi di lusso (c’è stato un caso del genere, ma uno solo).
Una piccola e media borghesia che si sente minacciata. …Si tratta di figure che percepiscono una perdita di peso e centralità nella società americana, talvolta a ragione, talvolta meno. Una forma di “deprivazione relativa” ‒ sono sempre assai più benestanti di quelli che vedono come antagonisti ‒ che fa percepire a questi gruppi una perdita di status e centralità. […]
Le piccole città industriali del Midwest, le contee agricole che sono state il cuore dell’America profonda si sentono non da oggi minacciate dalle città, dal ruolo e dalla visibilità crescente delle minoranze; hanno patito l’accumulazione di ricchezza avvenuta, a scapito di altri, soprattutto in alcune aree urbane, e se qualcuno racconta loro che tutto questo avviene perché c’è qualcosa sotto, ci credono. L’aspetto del razzismo profondo non può, però, essere sottovalutato e riguarda categorie diverse e status socioeconomici diversi. È la paura dell’uomo bianco, di un certo uomo bianco, di perdere potere.
Il sito ProPublica pubblica, inoltre, una raccolta di video da Parler della giornata dell’assalto (grazie a @PaMar per la segnalazione)
Immagine da Wikimedia Commons
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