Buona domenica. L’antotipia è una specie di processo fotografico che come sostanza fotosensibile utilizza la clorofilla di determinati fiori e ortaggi per stampare su carta il profilo di foglie o rami, perlopiù.
L’invenzione di questo procedimento fotografico è attribuita a Sir John Herschel che nel 1842 pubblicò una vasta ricerca sull’argomento, scaturita dal suo interesse nel cercare un metodo per ottenere fotografie a colori. Seguirono gli studi di Mary Somerville, Robert Hunt e Michel Eugene Chèvreul. Nel 1844 Hunt pubblicò Researches on Light con un capitolo dedicato all’antotipia.
(Fonte: Wikipedia)
La visual artist francese Léa Habourdin porta questa tecnica a livelli altissimi utilizzando, al posto della pellicola, carta imbevuta di clorofilla per fotografare soggetti che possano stare immobili per giorni, anche settimane: boschi, soprattutto. Ne parla l’articolo “Les Rencontres d’Arles : la nature sauvage de Léa Habourdin“, in francese:
Formatasi durante i suoi studi alla scuola Estienne nella pratica dell’incisione, Léa Habourdin, 37 anni, ha sempre amato “sporcarsi le mani”, dice.
E sporcandosi le mani l’artista è arrivata a presentare il suo progetto “Images-Forêts: des mondes en extension” agli appuntamenti di fotografia di Arles, che vi si svolgono dal 4 luglio al 25 settembre 2022.
Un processo antico e arduo, che richiede giorni, a volte settimane, di esposizione al sole. “A novembre non c’è più luce, è finita per l’antotipo. Ti costringe a lavorare al ritmo del mondo e ad essere umile come artista. »
Il programma di tutti gli incontri di Arles lo trovate qui.
Buona lettura.
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