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Paternità e nichilismo: un problema epocale visto da un videogioco

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Marcello D’Arco su Ludica analizza la figua di Kratos, personaggio del gioco God of War.

Se esiste un punto di sutura tra lo Zeitgeist e il mondo videoludico, quel punto è la figura paterna e il suo complesso. Il daddy issue è uno dei temi fondamentali della nostro cultura, ed è anche un ambito nel quale i videogiochi hanno parecchio da mostrare, anche a chi non li ama o non li frequenta abitualmente.

Per esempio in quest’articolo pubblicato sulla rivista online Ludica, il nostro Aristippo, ci racconta come ha imparato a non preoccuparsi della paternità e ad amare Kratos, protagonista del blockbuster God of War.

Non si tratta di una recensione ma più di un racconto di un’esperienza di gioco e di riflessione.

Giocare a God of War (Santa Monica Studio, 2018) è stato pormi continuamente una domanda: come si fa a essere padri dopo aver ucciso Dio? La risposta è molto semplice, ed è a partire da questa che ho iniziato a sentire una calda sensazione di prossimità con le vicende dell’ex dio della guerra. Come si fa? Male.

Quando si tratta di giochi, il punto non sta mai nella rappresentazione, nei modi in certi topic vengono trattati, o almeno non è mai solo in questi. Il centro in realtà è nel mezzo, tra schermo e giocatore, dove si crea uno spazio di comunicazione che puà produrre effetti particolari e spesso non prevedibili.

La consonanza tra te e il gioco inizia a produrre i suoi effetti. Il punto centrale è che Kratos non può dire la verità a suo figlio sulla sua natura divina e sul suo passato, perché la verità è che lui, seppur pentito, ha ancora il marchio del mostro sanguinario. Anche tu, nel tuo piccolo, non puoi dire la verità a tuo figlio per una ragione molto più banale: non hai idea di quale sia. Affrontare la paternità a cuore aperto è un ottimo consiglio, ma difficile da seguire quando tutto quello che hai è tutto quello che i figli non ti chiedono: dubbi e perplessità.

La scommessa di questi articoli è anche quella di verificare se esiste uno spazio per stimolare l’interesse anche di chi non ha nessuna intenzione di diventare, neanche momentaneamente un videogiocatore, e cercare di capire se i videogiochi possono il loror diritto di tribuna del dibattito culturale pubblico.

Kratos è un uomo potentissimo che si scopre fragile nel diventare padre ma che non per questo arretra o sceglie di proteggersi, anche quando il problema diventa il suo stesso figlio (ah, l’adolescenza!) . Continuerà a commettere errori ma continuerà a provarci, e voi con lui, fino a che tutto andrà per il verso giusto. Può sembrare un messaggio di una banalità sconcertante, quasi deleterio, ma per me è stato balsamico. Forse per farne emergere il significato ho bisogno di qualche altro riferimento culturale, abbiate pazienza.

Alla fine, grazie alle caratteristiche particolari che un videogioco ha, da un titolo che potrebbe facilmente essere derubricato a esempio di divertimento escapista e un po’ facilone, come spesso i videgiochi in effetti sono, emerge invece la possibilità di dialogare su un tema complesso con altre forme di rappresentazione culturale, e di arrivare a considerazioni forse non esattamente originali, ma gravide di carica emotiva.


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