A cura di @cocomeraio.
Dopo la sentenza che condannava Carminati, Buzzi e altri ma non riconosceva a “mondo di mezzo” le caratteristiche di associazione di tipo mafioso così come descritta dalla legge Rognoni La Torre, continuano le polemiche giornalistiche sia su come è stata raccontata la vicenda sia sulla vicenda processuale.
Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone sostiene che non è colpa del suo ufficio se qualcuno ha usato politicamente i fatti che l’ inchiesta ha fatto emergere (non tutti sono d’accordo) e rivendica che prima della sentenza l’imputazione per mafia era stata ritenuta valida da due pronunce della Cassazione nella fase incidentale dei ricorsi alla custodia cautelare di alcuni degli imputati, di un gip, di un tribunale del Riesame e si riserva di ripresentarla in appello.
Luca Sofri applaude la sentenza, dal momento che la legislazione antimafia presenta caratteristiche di straordinarietà ed eccezionalità non si può estendere a ciò che mafia non è, altrimenti si trasforma ancora una volta l’emergenza in consuetudine, l’eccezione in regola, la cessione del Diritto in routine.
Al contrario il capo della Polizia Franco Gabrielli appoggia “l’interpretazione avanzata” del 416 bis da parte della Procura di Roma e aggiunge che se questa anche in futuro non dovesse venire accolta dalla giurisprudenza tocca al legislatore intervenire “credo che sia maturo il tempo perché un certo tipo di corruzione sia letta come una forma di incubazione delle mafie e quindi in qualche modo debba essere trattata alla stessa stregua del contrasto alle organizzazioni mafiose”.
Immagine da Wikimedia.
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