A cura di @werner58.
La National Transportation Safety Board americana ha pubblicato il suo rapporto (preliminare) sull’incidente avvenuto lo scorso marzo in Arizona, dove una Volvo XC90 a guida automatica di Uber ha ucciso una ciclista che attraversava la strada fuori dalle striscie, portando la bicicletta a mano.
Il documento è succinto (poco più di tre pagine): i suoi punti fondamentali, riportati anche in un articolo di ArsTechnica, sono i seguenti:
- I sensori dell’automobile (RADAR e LIDAR) hanno avvistato il pedone a 6 secondi dall’impatto.
- Il sistema di guida autonoma ha quindi ripetutamente classificato in modo scorretto l’ostacolo (prima come oggetto sconosciuto, poi come un altro autoveicolo, poi come una bicicletta) con conseguenti continue variazioni nella traiettoria prevista
- Il sistema ha determinato la necessità di una frenata rapida a 1,3 secondi dall’impatto – tempo insufficiente per l’arresto completo, ma ancora utile per ridurre sostanzialmente i rischi per l’investita.
- La frenata di emergenza non è stata effettuata, in quanto disabilitata da Uber: probabilmente in quanto la sua attivazione troppo frequente compromette il comfort per i passeggeri.
- L’allarme di collisione non è stato segnalato dal sistema alla dipendente di Uber a bordo del veicolo – che non stava usando un cellulare al momento dell’incidente.
Per chi preferisce i media più moderni, c’è un video Youtube di un quarto d’ora sull’argomento di David L. Jones, ingegnere elettronico australiano.
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