Su suggerimento di @madeinmedina.
Valerio Mattioli spiega l’accelerazionismo (soprattutto l’estetica che sta crescendo intorno): una definizione del critico musicale Adam Harper, data alla Berlin Music Week. Non solo musica, ma anche politica, anzi una vera e propria strategia politica che prende la musica e la distorce per riflettere l’immaginario del tecnocapitalismo globale con i «suoi display a cristalli liquidi, le sue interfacce virtuali, le sue criptovalute, i suoi big data, le sue corporation anonime e volatili».
Lʼidea di fondo, è quella di… beʼ, di accelerare alcuni processi latenti del capitalismo globale (in termini di tecnologie, comunicazioni, modi di produzione ecc) fino a liberarli dai loro utilizzi in termini di ingiustizia e sfruttamento, e di conseguenza superare il capitalismo stesso.
Il Manifesto per una politica accelerazionista c’entra, ma chissà se c’entra anche Marx, Lyotard, anarcocapitalismo, Derrida tutto quanto insieme, per creare una nuova categoria politica, nettamente contro il “primitivismo” di sinistra post-crisi.
Immagine CC BY 2.5 di e-flux da Wikimedia Commons
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