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Buoni spesa e povertà: mi vergognavo a comprare olio d’oliva [EN]

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A cura di @Perodatrent (modificato).

In un pezzo per il Guardian, la scrittrice americana Felisa Rogers racconta le insicurezze di un’infanzia sotto il livello di povertà e l’imbarazzo di usare i buoni spesa dello stato per comprare alimenti di qualità:

Temevo quel momento, e maledicevo la persona che aveva progettato i buoni alimentari del governo. Perché non li aveva fatti verdi, come i dollari veri?
Mentre mio padre apriva il portafoglio e allargava i buoni color viola-bruno io guardavo in alto verso la cassiera. Come prevedevo, guardava con aria inquisitiva verso i nostri acquisti: olio di oliva, olive Kalamata, formaggio greco, pinoli.
Sapevo cosa voleva dire quello sguardo, sapevo cosa pensava. Lo avevo visto cento volte. Pensava che non era giusto che comprassimo cibo strano con i buoni del governo. Pensava che lei lavorava duro per il suo stipendio, e che a lei non era concesso quel lusso.
I miei lavoravano duro come lavoratori indipendenti ma, come molti abitanti delle aree rurali, vivevamo sotto la soglia di povertà. Mio padre non faceva storie ad accettare i servizi sociali del governo, ma io li odiavo. Aspettare di parlare con gli assistenti sociali che continuavano a fare domande, la vergogna di offrire i miei buoni pasto gratuiti, l’indegnita Di aspettare in coda per ore in ambulatori gratuiti squallidi dove le infermiere mi facevano sentire piccola e sporca.

Immagine da Flickr.


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