Oggi è il centesimo anniversario dall’ultimo discorso alla Camera di Matteotti. Andrea Gagliardi su Il Sole 24 Ore ricorda la vita del deputato e le ricorrenze istituzionali.
Il 30 maggio 1924 Giacomo Matteotti, segretario del partito socialista unitario, prese la parola alla Camera dei deputati per contestare i risultati delle elezioni denunciando le violenze, le illegalità e gli abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni. Matteotti fu rapito e assassinato il 10 giugno 1924 da una squadra fascista. Il corpo fu ritrovato circa due mesi dopo l’omicidio.
Il ricordo del Presidente della Camera Fontana:
«La Camera onora Giacomo Matteotti, uno dei padri della democrazia, vittima dello squadrismo fascista. Sullo scranno da cui 100 anni fapronunciò il suo ultimo discorso, è stata messa una targa. A perenne ricordo del suo sacrificio questo scranno non sarà più occupato» ha detto il presidente della Camera Lorenzo Fontana durante la cerimonia celebrativa in emiciclo. La richiesta di apporre una targa sullo scranno da cui Matteotti pronunciò il suo ultimo discorso, affinché non fosse più occupato, era stata avanzata in Aula tempo fa dalle opposizioni ed in primis da Avs. La presidenza della Camera si era subito mostrata aperta a valutare la proposta. Oggi l’annuncio di Fontana, che ha proseguito: «In quella seduta, egli domandò l’annullamento in blocco dell’elezione dei deputati di maggioranza, denunciando il clima di intimidazioni e violenze in cui si erano svolte le elezioni politiche del 6 aprile. Denunciò inoltre in modo dettagliato i brogli e le falsificazioni compiuti dai fascisti nei seggi elettorali di tutto il Paese. Il suo intervento fu continuamente interrotto da vivissimi rumori e proteste, come riportato dal resoconto stenografico della seduta. Matteotti sedeva in Parlamento dal 1919 in rappresentanza della sua terra, il Polesine – ha aggiunto Fontana – Si era distinto per la sua instancabile attività in Aula e nelle commissioni, soprattutto sui temi a lui più cari: la scuola, l’amministrazione, il bilancio dello Stato. Aveva a cuore in particolar modo la tutela delle classi più deboli, che voleva emancipare economicamente e culturalmente. Riteneva che questa emancipazione dovesse svolgersi con i mezzi della lotta politica democratica, nella cornice dei princìpi di libertà e dello Stato di diritto».
Segnalato da @Kenmare, Una storia di coraggio e libertà: tra le carte e nel cuore di Matteotti
Il 10 giugno 1924, nel quartiere Flaminio, a Roma, Giacomo Matteotti (1885-1924) esce di casa per recarsi alla Biblioteca della Camera dei deputati. Intorno alle 16.30, sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, viene rapito e infine assassinato da un gruppo di ex-arditi di guerra. Gli aggressori sono i membri della cosiddetta Ceka, agli ordini di Cesare Rossi, capo dell’ufficio stampa di Benito Mussolini, e di Giovanni Marinelli, segretario amministrativo del partito fascista: si chiamano Amerigo Dumini, Augusto Malacria, Amleto Poveromo, Giuseppe Viola e Albino Volpi (di Filippo Panzeri e Aldo Putato, quasi certamente presenti sul luogo del sequestro, non verranno accertate le responsabilità; inoltre, con funzioni di basista, vi era l’austriaco Otto Thierschald). Pochi giorni prima, il 30 maggio, alla Camera, come segretario del Partito socialista unitario, Matteotti aveva pronunciato un celebre e durissimo discorso in cui contestava la validità delle elezioni del 6 aprile, imputando ai fascisti violenze e brogli elettorali e rivolgendosi, infine, con lucida consapevolezza, ai suoi colleghi di partito: “Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”. Il 16 agosto 1924, a distanza di circa due mesi dall’aggressione, il cadavere di Matteotti viene ritrovato nel bosco della Quartarella dal brigadiere dei carabinieri in licenza Ovidio Caratelli e dalla sua cagnetta Trapani.
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