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Cheese, novembre 2022

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COME SI GUARDA UNA FOTOGRAFIA – SECONDA PARTE

Dopo una prima fase durante la quale vengono raccolte alcune informazioni di base che si possono ricavare dall’osservazione dello scatto, proseguiamo la lettura delle immagini con un’analisi più approfondita.

FORMATO L’inquadratura definisce lo spazio dove inserire gli elementi della fotografia e il suo formato condiziona la composizione. Il formato di una fotografia può essere modificato con tagli successivi allo scatto in fase di post-produzione, ma l’osservatore dovrebbe in ogni caso valutare se il formato scelto è adatto al contenuto dell’immagine, se si presta al racconto. Formati più o meno rettangolari si adattano a tipi di fotografie diverse: dal ritratto che viene valorizzato da formati più quadrati, ai panorami che prediligono il formato più orizzontale. I bordi dell’immagine entrano in rapporto con le linee e i soggetti della fotografia e si può prestare attenzione a come il fotografo abbia gestito queste relazioni. In generale uno sguardo iniziale a come sono state gestite le linee all’interno del formato scelto (l’orizzontalità dell’orizzonte – lo dice la parola stessa – e le linee degli edifici che non appaiano cadenti) sono tra le prime cose che vengono valutate guardando una foto.

Esempi inquadratura – Foto Kenmare

Esempi di formati fotografici – Foto Kenmare

 

SOGGETTO Quali persone, quali oggetti, quali luoghi sono contenuti nella fotografia? C’è un ordine prioritario tra i soggetti? C’è una relazione tra i soggetti presenti nell’immagine? C’è qualcosa che non è stato inquadrato, ma che possiamo immaginare? Questa esclusione è una scelta del fotografo, magari per introdurre una sorta di mistero, o un difetto dell’inquadratura? C’è una relazione tra il soggetto e il fotografo (ad esempio lo sguardo in camera, potente strumento di coinvolgimento emotivo per l’osservatore)? Quello che si vede e quello che non si vede sono parte integrante del racconto. Una cosa che spesso fa una buona foto è che il fotografo sia riuscito a riempire il fotogramma, che lo spazio sia stato sfruttato, collocando al suo interno vari elementi e utilizzando in modo efficace tutti i piani della fotografia.

PUNTO DI OSSERVAZIONE bisognerebbe capire qual è il punto di vista scelto dal fotografo per scattare. Dal basso inginocchiandosi? Salendo su un rialzo di vario genere? Di pancia come i fotografi di un tempo o i fotografi di strada di oggi per passare inosservati? E’ sorprendente come cambi la resa di una fotografia a seconda del punto di osservazione e si può valutare se un punto di osservazione diverso avrebbe migliorato lo scatto.

COMPOSIZIONE Il fotografo ha vari strumenti per guidare l’occhio dell’osservatore tra i soggetti che ha deciso di includere nella sua fotografia. Come viene composta una foto è un importante indicatore di quello che il fotografo cerca di comunicare, sia che abbia avuto modo di collocare deliberatamente i soggetti sulla scena (ad esempio in una natura morta) sia che abbia selezionato l’inquadratura scattando un’istantanea. Osservando una fotografia bisogna cercare di comprendere cosa il fotografo abbia voluto enfatizzare attraverso la collocazione di un soggetto in una posizione precisa, grazie a linee guida e altri dettagli grafici che conducono l’occhio verso di lui. In fotografia valgono le stesse regole per la composizione che vengono utilizzate nella pittura (regola dei terzi ad esempio, la creazione di un percorso che trattenga lo sguardo e lo faccia viaggiare attraverso l’immagine, lo svelamento in ritardo di un componente essenziale dell’immagine). Anche se queste regole posso essere violate consapevolmente dal fotografo per ottenere immagini di grande impatto che vadano oltre l’atteso formalismo, questa violazione deve essere consapevole e non frutto del caso. Bisogna anche capire che in fotografia non ci si può attendere che tutti gli oggetti possano essere collocati nel luogo desiderato come in un quadro: osservando una fotografia si può valutare come il fotografo abbia gestito questa casualità, con le sue scelte stilistiche e di inquadratura. Il fotografo in un certo senso deve mettere il suo ordine nell’inquadratura. Imparare a comporre in macchina è forse lo sforzo maggiore che un principiante deve fare e per riuscire a imparare non si dovrebbe troppo contare sugli aggiustamenti in post-produzione. Comporre allena l’occhio del fotografo e aiuta a trovare soggetti per scatti più efficaci. Un modo molto facile per imparare a comporre è osservare gli scatti dei grandi fotografi. Guardarli cercando di capire quali regole compositive abbiano rispettato, dove stia l’eventuale genialità nel violarle, quali piani sono stati riempiti, se c’è un percorso per l’occhio o delle linee guida ecc… serve a imparare a valutare le fotografie e a comporre.

STILI E LINGUAGGIO originalità e conformismi, mode e tendenze ci sono anche in fotografia. Osservando un’immagine si può comprendere se il fotografo abbia un suo particolare modo di valorizzare i soggetti o se abbia applicato un approccio già seguito da altri o associato al momento storico della fotografia. Soprattutto in tempi in cui circolano moltissime immagini è molto facile che tante si assomiglino, invece un buon fotografo dovrebbe sviluppare un suo stile efficace e riconoscibile, senza per questo diventare ripetitivo. Lo stile di un fotografo è fatto dai soggetti e dal modo di fotografarli, dai contenuti e dalla forma, sempre alla ricerca del modo migliore di comunicare qualcosa all’osservatore. Il linguaggio utilizzato è l’insieme degli elementi sui quali il fotografo può intervenire: soggetti, sfondi, luci, colori, toni, contrasti, equilibri, punti di vista, uso dei piani, delle linee, sguardi, gesti, simboli, dinamismo, staticità…

DETTAGLI TECNICI luci (morbide, dure, dirette o indirette, naturali o artificiali, frontali, laterali, diffuse, a spot), messa a fuoco (si possono valutare i piani di messa a fuoco e capire come il fotografo abbia usato lo sfocato per dare risalto a un soggetto, oppure per rendere indistinto qualcosa che poteva rovinare l’immagine), contrasto, colore o bianco e nero che sono linguaggi completamente diversi, saturazione e tonalità di un’immagine sono tutte parti dell’alfabeto che un fotografo può utilizzare per comunicare. Potrebbero emergere errori evidenti come soggetti mossi non volutamente, errori nella messa a fuoco dei vari piani, luci non ben calibrate, contrasti eccessivi o mancanti, colori non armonizzati o inadatti, una eccessiva saturazione che se esagerata diventa fastidiosa ecc…

MEZZI E PROCESSI UTILIZZATI Talvolta viene fornita qualche informazione sui mezzi, le attrezzature e le elaborazioni con cui il fotografo ha lavorato. Alcuni aspetti si possono anche ricavare dalla semplice osservazione. La nitidezza della fotografia ci può dire qualcosa sullo strumento utilizzato, i supporti sensibili e l’epoca in cui è stata fatta. E’ stato usato uno smartphone o una fotocamera di grande formato? Pellicola o registrazione digitale? Che tipologia di obiettivo è stato usato (tele o grandangolare)? Soprattutto bisogna chiedersi quanto lo strumento abbia influito sul risultato, rivelando una precisa strategia del fotografo. È necessario anche saper valutare quali e quanti interventi di post produzione più o meno invasivi sono stati usati per ottenere il risultato finale. Comprendere se uno scatto è frutto dell’intuizione del fotografo o se deriva da una successiva meditata elaborazione (che oggi è molto più semplice e profonda di quanto si potesse fare un tempo) consente di capire quanto nella foto sia realtà e quanto finzione.

Una fotografia può contenere uno o più messaggi che giustificano sia lo sforzo fatto dal fotografo che l’attenzione dedicata dall’osservatore. Spesso siamo di fronte a un racconto complesso, tutto giocato tra regole e libertà di espressione, dove anche l’osservatore deve fare la sua parte, proseguendo il racconto e immaginando anche quello che non è esplicito. L’osservatore in questa valutazione porta i suoi gusti, le sue conoscenze tecniche e culturali inserendo parametri soggettivi nel processo di comprensione. L’osservazione ha quindi lo scopo di lasciare una traccia permanente nella nostra memoria dopo l’esperienza visiva.

Un piccolo aiuto con alcune fotografie di grandissimi fotografi:

In questa immagine di HENRI CARTIER-BRESSON è quello che non si vede che contribuisce a fare la foto: cosa ci sarà dietro alla barriera?

Qui SEBASTIAO SALGADO sfrutta al massimo lo (gli) sguardo(i) in camera, mentre qui oltre all’intenso sguardo in camera il fotografo riempie il fotogramma su tutti i piani (fino all’uccello sulla roccia all’orizzonte) e viola la regola dei terzi usando un’intensa inquadratura centrale. Qui si nota come il punto di osservazione basso accentui la sensazione che gli elefanti stiano per venirci addosso e il “percorso” porti a scorrere il branco fino all’ultimo animale. L’uso delle linee guida: qui in questa fotografia scattata in Irak. E infine qui si vedono ben due percorsi che portano a scoprire un attimo dopo gli altri uomini che ci sono nella foto: uno dal basso all’alto e l’altro da destra a sinistra. Intensissimo il protagonista, ma piena l’inquadratura e ancora più ricca di quanto appaia al primo sguardo.

GIANNI BERENGO GARDIN in una foto milanese usa molto bene le relazioni tra i soggetti (persino lo sguardo del cane). E qui dimostra come si applica la regola dei terzi, collocando il soggetto in modo perfetto sulle linee ideali (e il manifesto lo scopriamo solo in un secondo momento, riuscendo quindi a trattenere più a lungo lo sguardo e la mente)

ROBERT DOISNEAU qui usa benissimo tutti i piani (i bimbi, le auto e la fuga di edifici fino in fondo).

Lo stile inconfondibilemente sporco di WILLIAM KLEIN, potente e a volte disturbante, è molto diverso dal rigore formale prediletto da FULVIO ROITER con la sua eleganza e precisione.

GARRY WINOGRAND qui dà una lezione di composizione, dove tutto è al suo posto, dove pur con tanti soggetti sulla scena nessuno impalla l’altro, dove lo storto è usato in modo creativo, dove cogliere l’attimo assurge ad arte e il soggetto principale è potentissimo nella sua semplicità, dove il “piano americano” (dalle ginocchia in su) è usato magistralmente.

E si potrebbe andare avanti all’infinito, ma il bel gioco di osservare le fotografie dei grandi lo lascio continuare a voi.


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