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Cina, ideologia, videogiochi e relazioni internazionali. Il caso di Genshin Impact

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Un articolo pubblicato sul sito Ex Machina analizza e commenta il videogame Genshin Impact, sviluppato nel 2020 da una azienda cinese, e lo mette in relazione agli affari internazionali correnti, oscillando tra la descrizione del gioco e gli avvenimenti reali.

Si tratta di un titolo di grandissimo successo, che ha iniziato a macinare miliardi fin dal primo anno e ha conquistato una fetta di pubblico importante ben oltre i confini asiatici, soprattutto negli USA. E’ un gioco che presenta due caratteristiche fondamentali in genere vituperate dalla comunità dei veri “gamers”: è un free-to-play, cioè un gioco a cui si accede gratuitamente e che si finanzia grazie agli acquisti in-game tramite micro transazioni (non tutte esattamente “micro” a dire il vero) ed è un gacha, ovvero un gioco che implementa la meccanica del Gachapon, anche questa di derivazione giapponese. In pratica potete ottenere moneta virtuale, pagando soldi veri o tramite i progressi del gioco, per attivare una specie di slot machine (si tratta di un generatore di numeri casuali) che rilascia degli oggetti o personaggi secondo una certa probabilità prestabilita. Si possono spendere anche molti soldi per ottenere la ricompensa desiderata, ma in nessun caso è prevista una vincita in denaro, neanche virtuale.

Il motivo per cui il gioco ha avuto tanto successo viene attribuito ad una caratteristica particolare: un solido impianto  ideologico. 

In Cina l’ideologia è una cosa seria, ogni segretario del partito è chiamato a indicare una visione chiara, motivante e fondante del suo mandato politico…  I videogiochi hanno molto in comune con la politica: entrambe cercano di condizionare il comportamento altrui, entrambe cercano di farlo il più possibile stimolando coinvolgimento e partecipazione emotiva e entrambe funzionano meglio se appoggiate a una solida struttura narrativa. Quella della Cina di Xi è diventata in questi anni quella di una nazione che si propone come costruttrice di una nuova “comunità di destino comune per l’umanità.

 

Il gioco sembra quindi in linea con il progetto -che la Cina vorrebbe intestarsi- di costruzione di una nuova comunità globale, basata non più sull’esportazione di un modello e di un pensiero universale, ma sul rispetto delle specificità territoriali, sul dialogo e la cooperazione internazionale. Occorre però sottolineare un punto importante: pur volendo caratterizzare questo impianto narrativa come un’opera di “propaganda” della cultura e dello spirito nazionale cinese, sarebbe ingiusto non sottolineare il merito di aver creato un contesto multiforme, plurale, dove il “rappresentante” della Cina non occupa un posto speciale o eccezionale rispetto agli altri (almeno fino a ora).


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