Un articolo a firma di Thomas Fazi su UnHerd parla di Jacques Delors e di cosa è stato per la storia dell’Unione Europea e della sinistra in Europa.
Fazi sostiene che Delors abbia profondamente influenzato le sorti del progressismo in Europa, creando le condizioni per una piena accettazione del valore del mercato nelle file della sinistra.
C’è una storiella che i progressisti europei amano raccontare a se stessi: che, dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale, i loro governi hanno raggiunto un compromesso quasi utopico tra capitalismo e socialismo, compromesso corrotto con l’importazione del capitalismo spietato che ha definito la controrivoluzione neoliberista di Reagan nei primi anni Ottanta.
È una favola confortante, pensata per giustificare i propri fallimenti, e completamente falsa. Il neoliberismo non è stato esportato in Europa da oltre l’Atlantico — o da oltremanica, se è per questo. È stato un affare in gran parte interno, guidato dai socialisti europei e da un socialista in particolare: Jacques Delors, presidente della Commissione europea dal 1985 al 1995, scomparso questa settimana (ndr morto a fine 2023).
Second Fazi Delors e la sinistra francese avevano come obiettivo l’Europa perché si erano resi conto che alcune battaglie non potevano essere più combattute a livello nazionale. Ma arrivati al dunque, cioè all’integrazione europea ed a politici socialisti “di peso” in Europa, non sono riusciti ad articolare un sistema di “progressismo europeo”, finendo schiacciati dalle stesse politiche che combattevano nelle assemblee legislative statali.
Questo portò a un netto cambiamento di atteggiamento dei socialisti nei confronti dell’Europa, uno stato d’animo che Delors riassunse nell’ottobre 1983: “La nostra unica scelta è tra l’Europa unita e il declino”. Come ha osservato Rawi E. Abdelal, professore di economia aziendale alla Harvard Business School: “Nella misura in cui la sinistra francese continuava a sperare in una trasformazione socialista, i suoi membri potevano vedere l’Europa come l’unica arena in cui gli obiettivi socialisti potevano essere raggiunti”. Il problema era che, nel 1983, avevano poco da offrire in termini di alternativa progressista a livello europeo, poiché avevano accettato l’idea che gli obiettivi politico-sociali dovessero essere subordinati alla “stabilità dei prezzi”.
Questo processo quindi ha portato ad una contraddizione secondo Fazi, poi ad un conflitto ed infine ad una risoluzione di una “nuova sinistra” che abbracciava valori di sostanziale neoliberalismo più che di progressismo. Il riposizionamento ha fatto ottenere posizioni di spicco a molti politici di sinistra, ma non è stato digerito da tutto l’elettorato progressista ed è stato concausa a giudizio dell’autore dell’ondata di partiti di destra nella politica europea.
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