A cura di @Gio.
30 anni fa moriva Primo Levi. Per celebrare l’anniversario Doppiozero pubblica una lunga intervista del 1985. In occasione del trentennale della scomparsa Rai 5 con il Centro studi Primo Levi ha invece realizzato il documentario “Gli sci di Primo Levi”.
Questo un estratto dell’intervista sul ruolo dell’intellettuale secondo lo scrittore
E la famosa missione dell’intellettuale, che cos’è per lei, esiste o no?
Non ne esiste una sola, mi pare che fosse Fichte a parlare della missione del dotto… non so dirle quale fosse la missione che Fichte assegnava al dotto, però penso si possa dire che ogni intellettuale si prefigga almeno uno scopo di vita, che può essere immanente o trascendente. Il mio scopo, quello di cui avevo coscienza, era quello di portare testimonianza. Alla fine della traduzione in tedesco di Se questo è un uomo, durante la quale avevo stretto un’amicizia molto solida e duratura col mio traduttore tedesco, gli ho scritto una lettera. Per me era una lettera importante, intanto perché doveva servire a chiudere questa travagliata traduzione, e poi perché mi sentivo legato da un curioso vincolo con questo straniero, tedesco, che però aveva combattuto come partigiano con gli italiani contro i tedeschi, con cui mi sentivo in debito. Gli ho scritto che non penso necessariamente che l’uomo si ponga uno scopo nella vita (cosa che c’è in un qualche punto del libro), però per quanto mi riguarda lo scopo era quello di ammonire i miei mit-menschen, i miei co-uomini, i miei compagni uomini, tutti, fin dove l’uomo può arrivare.
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