Basandosi su una recente ricerca di Gerhard Toews della New Economic School di Mosca e Pierre-Louis Vézina del King’s College di Londra, l’Economist (link alternativo) mostra come i territori contigui agli ex gulag abbiano ottenuto vantaggi di lungo periodo dal fatto che i prigionieri politici istruiti si stabilirono vicino alle loro carceri e che pertanto il capitale umano degli ex nemici del popolo si sia traferito ai loro discendenti residenti in quei luoghi.
Non tutti i cosiddetti nemici del popolo erano dei dissidenti veri e propri: il semplice fatto di appartenere alla piccola borghesia spesso portava a finire in un gulag. Di conseguenza, il “nemico del popolo” era tendenzialmente meglio istruito. Sulla base del censimento del 1939, solo l’1% della popolazione generale e il 2% dei detenuti del gulag aveva titoli universitari. Tra i “nemici del popolo” nel 1927-53, il tasso era del 15%. L’incarcerazione dei “nemici del popolo” ha quindi comportato il trasferimento di gran parte dell’intellighenzia sovietica. E il paper di Toews e Vézina mostra che le regioni in cui i nemici del popolo sono stati detenuti continuano a trarre benefici economici da questa migrazione forzata.
Analizzando gli attuali livelli di sviluppo economico entro 30 km dai siti carcerari è emerso che maggiore era la quota di prigionieri politici in un campo di prigionia nel 1952, più ricche e istruite sono oggi le persone che vivono nelle vicinanze, anche dopo aver tenuto conto delle differenze regionali e dei fattori specifici del luogo. Un delta di dieci punti percentuali in più nella quota di detenuti “nemici del popolo” corrisponde ad un maggior salario, profitti più alti, lavoratori più qualificati e migliori indicatori di produzione economica. Dopo la fine dell’Unione Sovietica, anche il numero di aziende registrate è cresciuto in modo insolitamente veloce vicino a ex campi con tanti detenuti politici.
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