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I social fanno male come le sigarette? Tutto quello che sappiamo (davvero)

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Su Today un articolo di Francesco Marino parla del rapporto tra salute mentale dei giovani ed uso dei social network paragonandoli alle sigarette.

A fronte di alcune ricerche che suggeriscono come un uso eccessivo dei social possa essere collegato a un aumento dei sintomi di ansia e depressione, altri studi non trovano una correlazione significativa.

E così mentre poche settimane fa il Surgeon General statunitense ha scritto un editoriale sul New York Times

“in cui chiede l’intervento del Congresso per inserire un’etichetta di avvertimento, un po’ come quella che c’è sulle sigarette, sui social network e sui loro effetti sulla salute mentale degli adolescenti” spiegando come “gli adolescenti che trascorrono più di tre ore al giorno sui social media affrontano il doppio del rischio di sviluppare sintomi di ansia e depressione”.

Marino ricorda come esistano numerose altre ricerche che non individuano alcuna correlazione tra uso dei social e salute mentale.

“Tra gli studi più noti, quello pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour da Orben & Przybylski (2019), intitolato “The association between adolescent well-being and digital technology use”.  […] In quel paper, i ricercatori hanno rilevato un’associazione minima. Con una formula molto celebre, il potenziale effetto negativo dei social media sulla salute mentale è risultato così piccolo da essere paragonabile a quello associato a “mangiare patate” o “indossare occhiali da vista”.

L’articolo di Marino rinvia anche una ricca ed interessante rassegna della letteratura disponibile sull’argomento pubblicata da Andrea Girolami nella sua newsletter Scrolling infinito che cita tra gli altri un articolo pubblicato su Nature a firma di Candice L. Odgers (professoressa di scienze psicologiche e informatiche presso l’Università della California) secondo il quale

“La teoria secondo cui la tecnologia sta modificando il cervello degli adolescenti, causando un’epidemia di problemi mentali, semplicemente non è supportata dalla scienza. Quel che è peggio è che l’audace proposta che la colpa sia dei social media può distrarci dal rispondere efficacemente alle vere cause dell’attuale crisi di salute mentale dei giovani”.


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