Lorenzo Pavolini, nipote di Alessandro Pavolini, comandante generale delle Brigate nere e segretario del Partito fascista di Salò, scrive del 25 aprile, di come è stato vissuto dalla sua famiglia e cosa abbia significato in passato e dovrebbe significare in futuro per la società e nazione Italiana.
Non era una festa per tutti. La trascorrevamo nel silenzio selvatico delle montagne d’Abruzzo. Era la giornata della reticenza. Avrei scoperto solo alle medie, sul libro di storia, chi era stato il padre di mio padre, e la vera ragione per la quale non si presentasse mai all’uscita di scuola. Non era semplicemente “morto in guerra”. Eccolo lì il suo cadavere, le braccia penzoloni, la corda intorno agli stivali, il cognome a stampatello sulla pensilina di piazzale Loreto.
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