A cura di @Lowresolution
E’ quanto ci ricorda Mimmo Candito con un breve post su La Stampa scritto in onore di Tullio de Mauro, che in passato ha scritto molto sull’analfabetismo funzionale, cioè l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana.
Sono incapaci di ricostruire ciò che hanno appena ascoltato, o letto, o guardato in tv e sul computer. Sono incapaci! La (relativa) complessità della realtà gli sfugge, colgono soltanto barlumi, segni netti ma semplici, lampi di parole e di significati privi tuttavia di organizzazione logica, razionale, riflessiva. Non sono certamente analfabeti “strumentali”, bene o male sanno leggere anch’essi e – più o meno – sanno tuttora far di conto (comunque c’è un 5 per cento della popolazione italiana che ancora oggi è analfabeta strutturale, “incapace di decifrare qualsivoglia lettera o cifra”); ma essi sono analfabeti “funzionali”, si trovano cioè in un’area che sta al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura o nell’ascolto di un testo di media difficoltà. Hanno perduto la funzione del comprendere, e spesso – quasi sempre – non se ne rendono nemmeno conto.
La fonte principale che sembra confermare i dati allarmanti sull’analfabetismo funzionale in Italia è una ricerca internazionale del National Center for Education Statistics sulle competenze degli adulti di 21 paesi, che misura “literacy, numeracy, and problem-solving in technology-rich environments” (PIAAC), citata anche dall’OECD, e che inevitabilmente vede l’Italia all’ultimo posto, nettamente sotto la media, lontana da paesi del Nord Europa e Giappone.
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