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Il caso di Patrick Zaki e l’ambiguità delle relazioni tra Italia ed Egitto

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Un articolo di Internazionale fa il punto sul caso Patrick Zaki, il ricercatore egiziano per i diritti umani arrestato lo scorso 7  febbraio all’aeroporto del Cairo.

Il primo elemento sottolineato dal comunicato ufficiale del ministero dell’interno egiziano è che Zaki non è italiano: “Quello che veicolano certi social network sul fatto che è stato arrestato un italiano di nome Patrick è falso. È stato arrestato un egiziano il cui nome completo è Patrick George Michel Zaki Suleiman in seguito a una decisione del procuratore di trattenerlo per 15 giorni mentre proseguono le indagini”.

Il quotidiano egiziano Al Masry al Youm scrive un articolo di quattro righe citando solo fonti di sicurezza. Si tratta chiaramente di ribadire che Zaki è di nazionalità egiziana e che l’Italia non c’entra. Mentre un altro quotidiano, Akhbar al Youm, riporta l’opinione di Nashat al Dihy, presentatore del programma Carta e penna trasmesso dalla tv satellitare egiziana Ten: Al Dihy pensa che l’organizzazione per i diritti umani Iniziativa egiziana per i diritti individuali serve a “diffondere l’omosessualità” e spiega in diretta che “questa faccenda è puramente interna all’Egitto”, approfittandone per fare un discutibile ritratto dello studente: “Questo Patrick è un omosessuale (l’omosessualità in Egitto è un crimine, ndr) che è andato a studiare per un master sull’omosessualità all’estero e che lavora per un’organizzazione di promozione dell’omosessualità”. Dopo avere anche insinuato che si tratta “sicuramente di un terrorista”, conclude: “È un cittadino egiziano, e il suo arresto è dunque una procedura al 100 per cento egiziana”. Il parallelo con un altro studente torturato a morte è inquietante: anche contro Regeni i mezzi d’informazione di regime egiziani avevano costruito una campagna di stampa con il pretesto dell’omosessualità.

 

Immagine da pixabay.


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