A cura di @NedCuttle21(Ulm).
In un articolo pubblicato nel gennaio scorso su The Spectator e tradotto per Internazionale da Bruno Tortorella, Slavoj Žižek propone un’analisi della figura di Cleo Gutiérrez, la protagonista del film Roma, di Alfonso Cuarón, interpretata dall’attrice messicana Yalitza Aparicio.
Roma è stato letto come un tributo a Cleo, una cameriera che lavora nel quartiere Colonia Roma di Città del Messico in una casa in cui vivono la borghese Sofia, suo marito Antonio, i loro quattro figli, la madre di Sofia, Teresa, e l’altra cameriera, Adela. La storia si svolge nel 1970, all’epoca dei grandi movimenti studenteschi e delle proteste sociali.
Come già in Y tu mamá también, Cuarón mantiene una certa distanza tra due livelli: i problemi della famiglia (Antonio lascia la moglie per una ragazza più giovane, Cleo rimane incinta del fidanzato che l’abbandona subito) e la concentrazione sulle questioni personali dei vari familiari rendono la presenza opprimente delle lotte sociali ancora più palpabile come sfondo, lontano ma onnipresente. Come avrebbe detto il critico Fredric Jameson, la storia come realtà non può essere raccontata, può essere solo uno sfondo confuso che lascia il segno sugli eventi narrati. Quindi Roma celebra davvero solo la bontà semplice di Cleo e la sua altruistica dedizione alla famiglia? Possiamo veramente ridurre Cleo a oggetto d’amore di una viziata famiglia borghese, che l’accetta (quasi) come una di famiglia per sfruttarla meglio a livello fisico ed emotivo?
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