A cura di @Festina Lente.
Il terzo dei quattro articoli di Leonid D. Bershidsky è dedicato ad Alexei Navalny, probabilmente il più forte candidato dell’opposizione alle prossime elezioni presidenziali.
Navalny, avvocato e blogger, ha costruito la sua popolarità sulla lotta alla corruzione. In seguito è stato coinvolto in una serie di complesse vicende giudiziarie, che lo hanno visto condannato più volte, spesso in processi molto dubbi. La vicenda più importante, quella del caso Kirovles, si era conclusa in primo grado con una condanna a cinque anni nel 2013. Il processo fu giudicato da molti una farsa (come sostiene questo post del 2013 di Amnesty International). Navalny comunque rimase a piede libero in attesa dell’appello, con una decisione al di fuori dalla prassi (la notizia in questo articolo su The New Yorker): la condanna avrebbe reso impossibile la candidatura del politico alle prossime elezioni. La Corte Europea dei Diritti dell’uomo prima e la Corte Suprema russa hanno però recentemente annullato il processo, che dovrà ora essere ripetuto. Nel frattempo, in mancanza di nuovi sviluppi, Navalny è in grado di presentarsi alle elezioni ed ha annunciato la sua candidatura. Nonostante questi sia descritto dai suoi avversari come un traditore asservito all’Occidente, la sua politica è caratterizzata da un nazionalismo marcato, simile a quello di alcuni partiti populisti occidentali. Di seguito alcuni punti:
• Relativamente isolazionista in geopolitica. Ha appoggiato l’intervento in Georgia, chiedendo anche l’espulsione di tutti i georgiani dalla Federazione Russa ed usando anche espressioni xenofobe nei loro confronti (per le quali si è poi scusato, pur confermando nella sostanza le sue affermazioni), ma fu contrario all’intervento in Crimea, anche se oggi non restaurerebbe l’integrità territoriale ucraina, pur considerando illecito il modo in cui la Russia ha preso il controllo della Crimea, ed auspica la realizzazione degli accordi di Minsk. Navalny considera anche russi ed ucraini lo stesso popolo.
• Se da un lato vuole difendere i diritti dei russi anche fuori dalla federazione, dall’altro è a favore dell’introduzione di visti per i lavoratori dell’Asia Centrale e del Caucaso delle Repubbliche ex-sovietiche ed ha fatto della lotta all’immigrazione clandestina uno dei cardini della sua propaganda. Pur non essendo apertamente razzista, il suo nazionalismo ha connotazioni marcatamente russe in senso etnico e posizioni talora ambigue sulle Repubbliche a maggioranza non-russa, ad esempio quelle del Caucaso, che giudica anche fonte di corruzione, malgoverno e malaffare.
• La sua politica economica, basata sull’aumento della spesa pubblica e su investimenti statali ricorda in parte quella di Trump.
• Simile a Trump è anche l’uso dei media non-convenzionali come strumento di campagna politica.
La popolarità attuale di Putin è, in linea con gli altri Presidenti delle repubbliche centro-asiatiche post-sovietiche, altissima in Russia, come ricordato anche dal Levada-Center, l’ultima agenzia indipendente di sondaggi in Russia, che il Governo Russo sta cercando chiudere (si veda questo articolo di Sergei Guriev, che illustra come la popolarità di Putin si sia potuta mantenere essenzialmente grazie alla propaganda militare, nonostante i mediocri risultati sul piano economico). Putin può contare su politici locali in grado di garantire in diverse entità federali, ad esempio la Cecenia, un voto plebiscitario: politici non solo fedelissimi al Leader, ma anche fortemente ostili a Navalny. La candidatura di Navalny non costituisce quindi, almeno per le prossime elezioni, un pericolo serio per Putin (nel caso in cui Putin decida di candidarsi), anche senza prevedere spiacevoli incidenti. Può però essere indicativa degli sviluppi della politica russa nel medio termine.
Immagine da Wikimedia Commons.
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