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Il giro del mondo in 22 orfani e 300.000 vaccinazioni [EN][ES]

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Sappiamo tutti quali siano le difficoltà logistiche della distribuzione dei vaccini contro il Covid. Quando fu scoperto il primo vaccino, alla fine del Settecento, le difficoltà erano ancora maggiori: il siero del vaiolo bovino, che veniva ricavato dalle placche di un paziente infetto e, se inoculato, immunizzava dal vaiolo umano, poteva essere conservato solo per un tempo limitato. In Europa questo era un problema comunque gestibile, ma come si poteva fare per trasportarlo da una parte all’altra del mondo?

Questo era un problema particolarmente acuto per la corona spagnola, i cui territori si estendevano dai Pirenei alle Filippine, e comprendevano immensi territori in America. Nel 1803, il re Carlo IV (una delle cui figlie era morta proprio di vaiolo) approvò un piano per distribuire il vaccino: per assicurarsi una fornitura di siero fresco, il vaiolo bovino sarebbe stato trasportato su dei bambini: 22 orfani, a cui era stata promessa una vita migliore nelle colonie, sarebbero stati inoculati col siero a coppie di due (in modo da avere sempre una “copia di backup”), in maniera controllata. Dopo che uno dei bambini sviluppava le croste, esse venivano processate e usate per infettare un altro bambino, e così via. Questo metodo, che oggi potrebbe sembrarci uscito da un film dell’orrore, era il prodotto di un’epoca in cui la mortalità infantile (specie dei bambini esposti) era altissima, e gli orfani venivano trattati spesso in maniera utilitaristica.

Il viaggio fu certamente duro per i bambini, i cui contatti erano strettamente sorvegliati, per essere sicuri che le catene di contagio fluissero ordinatamente. Non tutti, peraltro, erano orfani: a occuparsi dei bambini fu Isabel Zendal, rettrice dell’orfanotrofio di La Coruña, che portò anche il suo stesso figlio nella spedizione. A lei, come pioniera delle campagne vaccinali, è stato dedicato un ospedale costruito a Madrid in occasione della pandemia di Covid.

Le difficoltà non finirono una volta sbarcati in America, dove la spedizione proseguì con lo stesso metodo, vaccinando via via altri bambini e usando il loro siero per proseguire fino alla tappa successiva. In generale la popolazione accolse con entusiasmo l’arrivo del vaccino, con Te Deum di ringraziamento, corride e feste pubbliche: d’altra parte, l’America era stata devastata da tremende epidemie di vaiolo, a partire dall’arrivo degli Europei. Non mancarono però momenti di tensione e di diffidenza, a volte sostenuti da medici locali che vendevano rimedi alternativi contro la malattia. In alcuni posti, inoltre, i medici spagnoli scoprirono di essere stati preceduti, in quanto altri vaccini erano riusciti ad arrivare attivi, per vie traverse, dall’altra parte dell’Atlantico.

Dopo Caracas, la spedizione si divise in due, con una parte che andò verso il Perù, e un’altra diretta al Messico. Da là, il capo della spedizione Javier Balmis, insieme a 26 bambini messicani, salpò attraverso il Pacifico, fino alle Filippine, allora territorio spagnolo. In seguito, la spedizione toccò anche Macao, Canton e l’isola di Sant’Elena, prima di rientrare in Europa.

Si stima che 300.000 persone siano state vaccinate nel corso di quest’unica campagna vaccinale, durata tre anni. Anche se ci vollero quasi due secoli prima della definitiva scomparsa del vaiolo, gli sforzi di Balmis, Zendal, molti altri, e le sofferenze di centinaia di bambini, contribuirono ad avviare la lotta globale contro questa malattia.


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