Jasmine Mooney, 32enne canadese imprenditrice in trasferta di lavoro in USA con regolare permesso si è ritrovata detenuta per due settimane in condizioni terribili, senza il diritto a un avvocato, senza avere contatti con l’esterno tranne che con un’amica che poi si è attivata per lei e grazie ai media e all’intervento di politici canadesi ha ottenuto il rilascio. Nell’articolo Mooney su The Guardian parla delle due settimane, e racconta anche le storie delle altre persone detenute nei diversi centri di detenzione temporanea in cui è stata — e le storie sono ancora più terribili.
non c’è stata nessuna spiegazione, nessun avvertimento. Un minuto prima, ero in un ufficio immigrazione a parlare con un ufficiale del mio visto di lavoro, che era stato approvato mesi prima e permetteva a me, canadese, di lavorare negli Stati Uniti. Un minuto dopo mi è stato detto di mettere le mani contro il muro e di essere perquisita come una criminale prima di essere mandata in un centro di detenzione dell’ICE senza la possibilità di parlare con un avvocato.
Nell’articolo Mooney descrive il trattamento degradante cui è stata sottoposta, le vessazioni burocratiche, l’arbitrarietà e le menzogne perpetrate da ICE, che hanno toccato lei come migliaia di altre persone; con una differenza
Per mettere le cose in prospettiva: avevo un passaporto canadese, avvocati, risorse economiche, attenzione da parte dei media, amici, famiglia e persino politici che mi sostenevano. Eppure sono stata detenuta ancora per quasi due settimane. Immagina come sarà questo sistema per ogni altra persona lì dentro.
Al di là della vicenda personale, due osservazioni spiccano:
Avevo trascorso molto tempo osservando le guardie durante la mia detenzione e non potevo credere quanto spesso vedevo esseri umani trattare altri esseri umani con tale disprezzo
e
È stato surreale ascoltare i miei amici raccontare tutto quello che avevano fatto per farmi uscire: lavorare con gli avvocati, contattare i media, fare infinite chiamate ai centri di detenzione, cercare disperatamente di contattare l’ICE o chiunque potesse aiutarli. Hanno detto che l’intero sistema sembrava truccato, progettato per rendere quasi impossibile per chiunque uscire.
La realtà è diventata chiara: la detenzione di ICE non è solo un incubo burocratico. È un affare. Queste strutture sono di proprietà privata e vengono gestite a scopo di lucro.
Aziende come CoreCivic e GEO Group ricevono finanziamenti governativi in base al numero di persone detenute, motivo per cui fanno pressioni per politiche di immigrazione più severe. È un business redditizio: CoreCivic ha guadagnato oltre 560 milioni di dollari dai contratti Ice in un solo anno. Nel 2024, GEO Group ha guadagnato più di 763 milioni di dollari dai contratti Ice.
Più detenuti, più soldi guadagnano. È ovvio che queste aziende non hanno alcun incentivo a rilasciare rapidamente le persone.
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