Come funziona una società in cui il pressapochismo non è solo tollerato, ma addirittura normalizzato e previsto? Due sociologi cercano di spiegarlo sulla base del funzionamento di molte istituzioni italiane, pubbliche e private, con una particolare attenzione all’università.
In molti di questi contesti, è normale promettere di scambiarsi beni e servizi di alta qualità, e poi fornirne di più mediocri. Non si tratta di un imbroglio: le persone coinvolte si aspettano che succeda così, e non cercano di cambiare la situazione. Il sistema è molto stabile: ogni volta che uno riceve un servizio di qualità inferiore a quella prevista, si sente moralmente legittimato a comportarsi allo stesso modo, in un ciclo continuo di tolleranza delle mancanze altrui. Addirittura, l’arrivo di un attore che effettivamente mantiene quello che promette è percepito come un elemento di disordine: è anche per questa ragione, secondo gli autori, che nell’accademia italiana non ci sono molti stranieri. Allo stesso tempo, nessuno vuole rinunciare a mantenere la finzione che sia richiesta un’alta qualità. Il risultato è un equilibrio molto solido, mutualmente soddisfacente per gli attori coinvolti, ma che comunque porta a scarsi risultati e mina l’efficienza e la credibilità delle istituzioni.
L’equilibrio tra i produttori di bassa qualità si basa su un insolito ordinamento delle preferenze che differisce da quello associato al Dilemma del Prigioniero e giochi simili, in base al quale gli agenti razionali egoisti preferiscono offrire bassa qualità in cambio di alta qualità. Pur essendo ugualmente “pigri”, gli agenti nei nostri mondi di bassa qualità sono stranamente “pro-sociali”: per il vantaggio di massimizzare il loro puro interesse personale, preferiscono ricevere beni e servizi di bassa qualità, a condizione che anche loro possano in cambio fornire bassa qualità senza imbarazzo. Sviluppano una serie di norme sociali oblique per sostenere il loro equilibrio preferito quando sono minacciati dall’intrusione di un’alta qualità. Sosteniamo che i risultati collettivi di alta qualità siano messi a repentaglio non solo da disertori individuali egoistici, ma anche da “cartelli” di mediocrità reciprocamente soddisfatte.


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