Su suggerimento e a cura di @cocomeraio
Il voto disgiunto era nato per dare più scelta all’elettore e per penalizzare quei partiti che avessero presentato un candidato a sindaco debole. Nel corso degli anni ci si è chiesti se la differenza tra i voti solo al candidato e quelli alle liste che lo sostenevano fossero una scelta meditata dell’elettore o semplicemente un motivo di comodità di chi tracciava la X.
Una riforma introdotta per favorire la seconda preferenza, ha comportato un cambiamento grafico delle schede dal 2014 in poi e la modifica, come riporta questa dettagliata analisi di Salvatore Borghese su You Trend, ha comportato un drastico calo dei voti “solo al sindaco” o del voto disgiunto.
Ma il voto disgiunto propriamente detto (voto ad una lista di una coalizione e voto al candidato sindaco di un’altra), quanto è stato utilizzato nelle scorse elezioni? Poco a Roma, Milano e Torino; in maniera consistente invece a Napoli soprattutto per De Magistris che, approfittando della debolezza del candidato del PD, era andato al ballottaggio malgrado lo scarso risultato delle liste a suo sostegno. A breve ci sarà modo di verificare cosa accadrà quest’anno alle pendici del Vesuvio, confermando o meno la perdita di consistenza nel peso elettorale del voto disgiunto.
Immagine da pixabay.
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