A cura di @tusaichi.
Chiamatelo fattore «T», appunto dal nome del ministro dell’Economia Giovanni Tria. Ebbene è proprio quel personaggio dall’aria accomodante (qualcuno addirittura lo paragona al ragionier Filini dei film di Fantozzi), che sta condizionando quello che da sempre è il vero core business del governo gialloverde, cioè le nomine. In fondo Alberto Bagnai, l’economista che piace a Salvini, lo aveva detto ancora prima che Conte si insediasse a Palazzo Chigi: «Il contratto di governo non è rilevante. Ci puoi mettere anche il programma di Nerone. La cosa importante sono le 300 nomine che vanno a scadenza». Ma il tentativo di ridisegnare la mappa del Potere in Italia con i colori giallo e verde, si è incagliato sulla madre di tutte le nomine cioè Cdp: un patrimonio di 450 miliardi di euro, ganglio essenziale per decidere se finanziare questo o quel progetto e, quindi, di conseguenza per determinare anche le priorità delle tante voci presenti nel «contratto» di governo.
Ne parla un articolo de Il Giornale.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.