Su suggerimento di @L.J. Osberg e @The Great Cat Massacre.
Mario Porro spiega su Doppio Zero il pensiero di François Jullien sull’idea di identità culturale.
Siamo eredi del mito di un’unità culturale originaria a cui sarebbe seguita la diversificazione: la maledizione divina ha punito la presunzione umana facendo sorgere la proliferazione babelica delle lingue. Ma solo Babele è l’opportunità del pensiero, ricorda Jullien. Se fossimo costretti a parlare tutti un unico idioma, il globish dell’inglese mondializzato, perderemmo gli scarti fecondi che si aprono tra le lingue, diremmo addio alle loro rispettive risorse; finiremmo per pensare con gli stessi concetti standardizzati, scambiando per principi universali sterili stereotipi. Sfuggire alla logica della differenza significa riconoscere che non esiste l’identità di una cultura, un insieme di proprietà che ne fissi per sempre l’essenza; ogni cultura è sempre eterogenea al proprio interno
Sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia critica un articolo di Tomaso Montanari intitolato “L’identità italiana non esiste”.
Lo stesso termine identità è a suo avviso un termine maledetto, servendo solo ad alimentare «il veleno della retorica identitaria» e quindi a giustificare il «noi» contro «loro», le dottrine del «respingimento», «i campi di concentramento in Libia», lo «straniero come nemico» nonché ovviamente «i paradigmi culturali (…) connessi ai fantasmi del nazionalismo nazifascista», il «prima gli italiani» e via così sermoneggiando. Tutte infamie imputabili per l’appunto al famigerato concetto di identità.
Immagine da pixhere.
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