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L’equilibrio della natura non esiste

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Marco Ferrari, giornalista e comunicatore scientifico, su “Il Tascabile” propone la “storia di un’ipotesi sbagliata e di successo – che può essere pericolosa”

C’è un concetto che sembra essere dato per scontato da tutti, che permea libri e trasmissioni televisive di divulgazione, documentari e anche film di intrattenimento. È un concetto con una storia antica, che ormai è penetrato nell’immaginario pop e nella ricerca, nella filosofia e nella speculazione fantascientifica. Si tratta del favoleggiato, ma mai discusso, “equilibrio della natura”, in inglese balance of nature, una combinazione di parole che diamo quasi per scontata – cosa c’è di più equilibrato della natura, in fondo? – e non ci passa quasi mai per la testa il fatto che siamo invece davanti a un oggetto-idea magmatico e informe, un’ipotesi scientifica senza una definizione precisa.

Dire che la natura ha un suo equilibrio (e l’aggiunta è spesso “al di fuori dell’azione umana”), significa dire in buona sostanza che esiste uno stato monolitico verso cui tende ogni ecosistema, che una volta raggiunto garantisce che la dinamica tra specie e popolazioni in entrata e in uscita sia un bilancio a somma zero.

Significa dire, insomma, che le popolazioni di animali e piante, se lasciate indisturbate, tendono tutte naturalmente a un certo punto, ideale, di equilibrio. Sappiamo invece che non è così: “l’equilibrio della natura” è anzi un’idea fuorviante, un abbaglio scientifico. Usato oggi soprattutto dai comunicatori, più che dagli ricercatori, è una distorsione che ha comunque diverse conseguenze nefaste sul nostro rapporto con la natura, la conservazione, l’ecologia.

Immagine da pixabay.


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