Partendo da una breve analisi di alcuni saggi di economica – come La crisi fiscale dello stato di James O’Connor – Stefano Valerio indaga su Jacobin Italia il rapporto tra Stato e capitale.
Quando, lo scorso anno, Mario Draghi è stato nominato presidente del consiglio, anche i media mainstream hanno ricordato il suo rapporto intellettuale e formativo intrattenuto – ai tempi in cui era un promettente studente di Economia – con Federico Caffè, il famoso economista abruzzese scomparso in circostanze mai del tutto chiarite.
Gli osservatori più critici delle gesta del Draghi adulto non si sono giustamente lasciati sfuggire l’occasione di notare come, però, non debba essere rimasto molto della lezione e dell’ispirazione di Caffè nella carriera di Draghi, se è vero che l’ex Presidente della Bce è stato in prima fila in una serie di processi controversi, dalle massicce privatizzazioni italiane degli anni Novanta fino alla gestione austeritaria della crisi greca nel 2015, che difficilmente avrebbero incontrato il parere favorevole del maestro.
Sarebbe allora interessante sapere se Mario Draghi sia a conoscenza di un testo, originariamente pubblicato nel 1973, che in un’edizione italiana fu accompagnato proprio da una prefazione scritta da Federico Caffè. Si tratta del celebre La crisi fiscale dello stato di James O’Connor, che insieme a Il capitale monopolistico di Baran e Sweezy e Lavoro e capitale monopolistico di Braverman va a comporre un’ideale trilogia di analisi di alcune delle principali tendenze contraddittorie del cosiddetto capitalismo monopolistico.
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