Un recente studio Ipsos per il Policy Institute del King’s College di Londra e il Global Institute for Women’s Leadership indaga l’atteggiamento dei giovani nei confronti della mascolinità e dell’uguaglianza delle donne.
Le conclusioni sono riassunte nel catenaccio: «I giovani uomini sono decisamente meno convinti delle giovani donne sull’impatto del femminismo», ma lo studio parla di molto altro.
Secondo gli intervistati l’espressione «mascolinità tossica» non è un termine utile per discutere delle relazioni tra i sessi. Il divario tra uomini e donne su questo punto aumenta nelle generazioni più giovani, con il 37% degli uomini tra 16 e 29 anni che lo ritiene inutile, contro solo il 19% delle donne nella stessa fascia di età.
Stessa divisione per altre tre domande poste agli intervistati (se oggi è più dura essere donna che uomo, se sarà più dura essere donna che uomo tra vent’anni, una valutazione generale del fenomeno «femminismo»): in generale gli uomini delle generazioni più anziane hanno visioni più simpatetiche verso il femminismo che quelli delle coorti più giovani.
Le ricerca si concentra sulle opinioni propagandate da personaggi come Andrew Tate, trovando un sostegno molto basso (6% tra chi sa chi sia), anche se più consistente tra i giovani uomini (21%, di nuovo solo tra chi conosce il soggetto).
Riguardo alla divisione di opinioni fra i sessi nelle nuove generazioni, il professor Bobby Duffy, direttore del Policy Institute, chiosa:
Ciò indica un rischio concreto di divisione in questa nuova generazione di giovani e la necessità di ascoltare attentamente entrambe le parti. Questo include un lavoro molto più intenso sulla comprensione delle sfide che i giovani uomini di oggi devono affrontare, o rischiamo che questo vuoto venga riempito da celebrità e influencer, e che questa divisione nascente venga esacerbata.
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