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Parliamo di reincantamento

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L’Indiscreto, un magazine inattuale pubblica una lunga discussione a tutto campo tra Marco Mattei e Andrea Longo riguardo alla visione del mondo di oggi rispetto a quella del passato.

Nel suo saggio “La scienza come professione” (1919), il sociologo tedesco Max Weber introduce il concetto di disincantamento del mondo per descrivere quella perdita di spiegazioni magiche e animistiche che ha accompagnato lo sviluppo tecnologico della società, perdita che nei fatti ha portato a un diverso atteggiamento nei confronti del reale.

[…] il reincantamento è il processo opposto a questo. Si potrebbe quindi definire come il tentativo di sviluppare una nuova razionalità empatica, vicina a tutte le forme del vivere, e che – questo secondo me è l’essenziale – rimanga consapevole che le nostre teorie sul mondo, e le loro conseguenti applicazioni, non colgono che una parte della realtà, lasciandone fuori quell’elemento ineffabile.

Questo lungo articolo tocca numerosi tentativi (più o meno riusciti) di rimettere l’ineffabile all’interno dell’insieme: Edmund Husserl e la sua lebenswelt, Federico Campagna e la causalità ridotta a funzione produttiva più che creativa, QAnon e i loro (quantomeno goffi) tentativi di ridare un senso a ciò che percepiscono come insensato…

Sino a tornare al ruolo di scienza e tecnica all’interno del processo di reincantamento:

MM: Quest’ultimo punto è importante sottolinearlo. Il reincantamento non è una prassi contro la scienza, qualsiasi lettura in questo senso sarebbe faziosa. Il reincantamento è una prassi contro il modello che la tecnica ha imposto nell’organizzare le nostre conoscenze sociali, politiche, biologiche, psicologiche eccetera.

VG: Ma oserei dire che il reincantamento non è nemmeno una prassi contro la tecnica. Non si tratta di abbandonare la tecnologia, bensì semplicemente di ristrutturare – re-immaginare, per restare in tema – le nostre tecnologie intorno ai bisogni della natura al fine di evocare un futuro auspicabile.


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