In un articolo pubblicato su Doppiozero, Corrado Antonini propone un’analisi politico-sociologica del celebre film Rambo (1982), tratto dal romanzo First Blood di David Morrell.
Nel 1980 l’American Psychiatric Association incluse il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) nel manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali. Il disturbo era già noto – si parlava più comunemente di shell shock o di neurosi da guerra – ma non era ancora stato formulato in questi termini, offrendo un quadro diagnostico più chiaro e una comprensione più ampia delle cause e dei sintomi associati al trauma. Quando John Rambo, già berretto verde in Vietnam, e cioè impegnato sul terreno con le forze speciali dell’esercito americano, torna negli Stati Uniti, si trova confrontato da un lato con la diffidenza e l’ostilità dei compatrioti che hanno letto della guerra sui giornali o visto le immagini dei massacri in tv, dall’altro con una neurosi da guerra che fa scattare in lui reazioni apparentemente inconsulte, ma perfettamente in linea con una diagnosi da PTSD, non appena si vede sventolare davanti una lametta da barba (sintomo da intrusione: flashback nel campo di prigionia dove viene torturato dai carnefici vietnamiti con dei coltelli).
Il film ha avuto un impatto significativo sulla cultura americana, mettendo in luce la frustrazione e la sfiducia nei confronti del governo e dell’esercito post-Vietnam.
Il John Rambo del primo episodio della serie è un individuo forse non diverso dal Rambo che vedremo dal secondo numero in poi, ma decisamente meno profilato sul piano ideologico. È un uomo distrutto, per il quale non c’è futuro. È in fondo lo stesso ragazzo di cui, di lì a due anni, canterà Bruce Springsteen in Born in the U.S.A., urlando la stessa rabbia e la stessa disillusione per un paese da cui si sente tradito. La grande trovata del film Rambo fu quella di aver saputo incanalare la frustrazione e la sfiducia nei confronti del governo verso un più alto e nobile mandato: l’amore per la Patria. Se poi a farne le spese erano, come succede nel film, la polizia, la Guardia Nazionale e tutto l’apparato burocratico di Washington (ridicolizzati e colpevolizzati né più né meno di come Hollywood aveva fatto con l’esercito appena dieci anni prima), poco importava. Erano tutte entità spendibili per preservare qualcosa di più importante: l’egemonia politico-militare sul piano globale. Ciò che andava anzitutto ricostruito era un rapporto di fiducia con la bandiera e l’esercito, e John Rambo aveva, per questo, bastante spavalderia e le physique du rôle.
La saga di Rambo si è poi evoluta da “film terapeutico” a una serie di episodi di propaganda militare, con un eroe che incarna l’amore per la patria e la superiorità morale.
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