Agnese Codignola su Il Tascabile discute di frodi, omissioni, bugie ed errori nella scienza. L’autrice introduce l’argomento tramite uno dei casi più recenti di sospetta frode scientifica (report iniziale e spiegazione su Science), ovvero quello della ricerca sul ruolo delle placche di beta amiloide sulla progressione dell’Alzheimer (Nature, 2006), e si sofferma poi su altri casi molto noti di frodi scientifiche in cui sono stati coinvolti anche alcuni famosi scienziati italiani, tra cui Paolo Macchiarini.
L’articolo conclude che:
La manipolazione è dunque sempre più presente (aiutata dalla sempre maggiore facilità d’uso dei software di elaborazione delle immagini), ma viene anche scoperta più velocemente di un tempo, anche grazie alla rete e a siti come PubPeer, che pubblicano denunce motivate anonime e no. In più, è sempre più comune l’utilizzo di programmi di intelligenza artificiale capaci di riconoscere le immagini contraffatte, evidentemente più precisi ed efficaci di quanto non siano stati sin qui molti editor delle riviste o capi dipartimento. Basta insomma spesso uno sforzo neanche troppo eccessivo per valutare più attentamente gli studi – quando c’è la volontà di farlo.
A proposito di elaborazione di immagini, una famosa segugia (o “sleuth“, come sono comunemente chiamati gli investigatori di frodi scientifiche) di frodi scientifiche, Elisabeth Bik, ha recentemente pubblicato un articolo interattivo sul New York Times, in cui racconta come iniziò la sua esperienza di investigatrice di frodi scientifiche:
One picture caught my eye. Was there something familiar about it? Curious, I quickly scrolled back through other papers by the same authors, checking their images against each other.
There it was. A section of the same photo being used in two different papers to represent results from three entirely different experiments.
What’s more, the authors seemed to be deliberately covering their tracks. Although the photos were of the same sample, one appeared to have been flipped back-to-front, while the other appeared to have been stretched and cropped differently.
Questo stratagemma, che ha il chiaro obiettivo di produrre prove fittizie a sostegno di una ipotesi e far progredire la carriera di scienziati con pochi scrupoli, ha anche l’effetto di far sprecare tempo e risorse ad altri ricercatori in buona fede, che continueranno a svolgere ricerche fondate su dati errati o fraudolenti.
Elisabeth Bik continua il suo racconto:
By day I went to my job in a lab at Stanford University, but I was soon spending every evening and most weekends looking for suspicious images. In 2016, I published an analysis of 20,621 peer-reviewed papers, discovering problematic images in no fewer than one in 25. Half of these appeared to have been manipulated deliberately — rotated, flipped, stretched or otherwise photoshopped. With a sense of unease about how much bad science might be in journals, I quit my full-time job in 2019 so that I could devote myself to finding and reporting more cases of scientific fraud.
Elisabeth Bik non è sola in questa lotta contro le frodi scientifiche, e la lista di articoli retratti in seguito all’identificazione di episodi di duplicazioni di immagini o manipolazione di dati è costantemente aggiornata sul sito Retraction Watche sul loro database.
Per chi fosse interessato all’argomento, è disponibile la registrazione di un seminario di Elisabeth Bik:
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