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Speciale Videogiookii: A la guerre comme à la guerre, videogiocare in Ucraina

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La guerra in Ucraina non è la prima guerra che si combatte contemporaneamente per aria, per mare, per terra e su internet. Mai però l’intreccio tra trincea e infowar è stato così forte.


L’Ucraina è infatti il paese sotto attacco maggiormente connesso della storia, invaso da un paese, la Russia, che da tempo punta strategicamente sulla propaganda, soprattutto su quella in rete via social, come leva strategico militare.

In questo contesto anche i videogiochi stanno svolgendo un ruolo, secondario rispetto ad altri media ma non per questo trascurabile, per entrambe le parti in causa. Se la guerra è un acceleratore di processi storici, tecnici e sociali, allora è possibile ipotizzare che il modo in cui pensiamo i videogiochi possa cambiare anche a causa di questo conflitto. Analizzando il fenomeno, un aspetto importante che emerge è la versatilità e la natura sfaccettata del videogame come strumento di comunicazione.

Soprattutto dal lato ucraino, case di sviluppo indipendenti e singoli game developers hanno messo in campo strumenti che agiscono su più livelli e secondo registri anche molto differenti.
Quello più semplice, il più scontato forse, è stato quello di sviluppare giochi passatempo, sberleffi videoludici, con lo scopo principale di attirare l’attenzione prendendo in giro il nemico e operare come promotori di raccolte fondi. Questo è il caso di Ukrainian Farmy, dove potremo prendere le redini di un trattore e guadagnare punti portando a casa quanto più armamentario russo è possibile. Il gioco ricalca la prima grande wave social dei sostenitori ucraini, nata quando la prima fase dell’invasione russa del 2022 era stata respinta e sul web divennero virali proprio i video dei mezzi russi dirottati dai trattori.
Sunflower Slap propone qualcosa di più ordinario, un passatempo irriverente dove possiamo distrarci prendendo a schiaffi Putin con un girasole, fiore simbolo dell’Ucraina; un misto di gioco e propaganda, sfruttando i metodi del crowdfunding digitale contemporaneo.

C’è anche un altro versante, più artistico e interessato allo sviluppo di prodotti orientati a un tipo di comunicazione più emotiva e concettuale. Si tratta di titoli indie indirizzati a creare esperienze di contatto diretto con la realtà della guerra.
È il caso, per esempio, di Whats up in a Kharkiv bomb shelter, gioco gratuito sviluppato durante i bombardamenti di Kharkiv. Il gioco usa una pixel art minimalista e una triste ironia per dare testimonianza della vita sotto i bombardamenti, cercando nel linguaggio videoludico un modo per restituire la complessità della realtà di guerra con un racconto autobiografico, come l’autrice raccontain questo articolo.

In reality, everything is more complicated. In war, destinies are crumbling, decisions are made, and the existential core of life is exposed. I wanted to save those moments within my game. […] But when I finished the game, I realized that the hole in my heart is not a black hole with a cosmic void inside. The game worked — the whole game! It means that I go on and the world goes on.

Di altro tenore è invece il gioco di imminente uscita Zero Losses. In questo caso ci troviamo di fronte a un team indipendente, Marevo Collective, che dopo l’inizio dell’invasione ha interrotto i propri progetti in essere per poterne iniziare uno nuovo, uno che li aiutasse a esprimere e metabolizzare quanto stavano vivendo, come approfondito in questo articolo. Non saremo chiamati a interpretare soldati al fronte o civili resistenti, saremo bensì impegnati come battaglione di supporto delle truppe russe che dopo i combattimenti dovrà agire per “minimizzare le perdite”. Questo significherà compiere una macabra routine amministrativa, routinaria, ovvero girare per i campi di battaglia per individuare i cadaveri e cremarli sul posto. Il gioco si presenta come una parabola su cosa semini una guerra: dietro “l’eroismo” della battaglia, avanza inesorabile una tragedia che piano piano si impone diventando quasi una normalità orrorifica e routinaria.

Il contributo più originale però potrebbe venire non dall’Ucraina ma piuttosto dalla Finlandia. L’agenzia di stampa Helsingin Sanomat ha lanciato un esperimento di fusione tra videogioco e giornalismo. Il giornale ha infatti commissionato ad alcuni designers lo sviluppo di una mappa speciale per Counter-Strike, uno dei giochi multiplayer più diffusi, per cercare di creare un canale comunicativo con notizie autentiche sulla guerra, capace di raggiungere direttamente i giovani russi senza il filtro della censura di stato. Counter-Strike è infatti uno dei pochi giochi a permettere ancora connessioni dalla Russia, dove è molto popolare. La mappa è strutturata come una ideal tipica città dell’Est Europa, in modo da poter rappresentare un riferimento sia per russi che per ucraini e a testimoniare la vicinanza culturale tra i due popoli. L’elemento caratterizzante però è la presenza di una speciale stanza segreta. Si tratta di uno degli elementi distintivi del gioco, in genere delegato alla raccolta di armi o potenziamenti. Questa, invece, racchiude notizie, immagini tratte direttamente dal fronte e mappe su tre topic: il massacro di Butcha, la storia di Yuriy Glodan, ucraino che visto la sua famiglia distrutta da un attacco missilistico russo, e infine un resoconto sulle morti russe al fronte.

La panoramica non sarebbe completa senza citare il prodotto forse più controverso: Death From Above. Si tratta di un simulatore dove potremo interpretare un operatore di droni ucraino impegnato in combattimento.
Non si tratta di un prodotto di war gaming come altri, ovviamente. Hendrik Lesser, chief executive della Remote Control Productions, una entertainment company con base a Monaco e responsabile dello sviluppo del gioco, non si nasconde e lo definisce esplicitamente un gioco di propaganda, ma con un’accezione particolare:

The game is not an attempt to glorify violence. The choice of drone piloting puts players at a remove from the impact of their attacks; there is no gore. The missions are not modelled on real battlefields in Ukraine, nor do they involve any actual Russian military units. The infamous white Z is about as far as the game goes in identifying any specifics of the invasion. […] There is a satirical aspect to proceedings, too. In a side mission, you must retrieve washing machines that Russian soldiers have stolen to harvest computer chips. The aesthetic is cartoonish rather than realistic. The wanted posters of Mr Putin allow gamers to “improve” them by drawing on a toothbrush moustache and devilish red pupils. At one point players must attack a Russian warship—when defeated, it sinks into a field of sunflowers.

Il gioco corre sul filo dell’ambiguità, tra simulazione e satira, ma l’aspetto più controverso è che trasferisce il giocatore in un contesto militare simulato potenzialmente indistinguibile da quello reale. L’utilizzo dei droni risale alla guerra americana al terrore, che già all’epoca aveva ispirato il bellissimo Unmanned di Molleindustria, fondato sul cortocircuito tra simulazione gamificata e l’orrore dell’esperienza bellica . La drone warfare, insieme alla guerra mediatica, è probabilmente l’elemento che più sta cambiando le regole di combattimento e che più impatta sulle meccaniche strategiche militari odierne, risultando spesso decisivi soprattutto in contesti asimmetrici..
Per questo, per far fronte soprattutto alla mancanza di mezzi aerei, in Ucraina sono state sviluppate intere filiere di produzione di droni economici per dare supporto alle truppe di terra. Si tratta del lavoro di giovani ingegneri che, prima autonomamente e poi coordinati in una strategia centralizzata, hanno messo in campo una forza di impatto significativa.
Si tratta di un aspetto della guerra sinistramente connesso al gaming. Pilotare un drone in guerra non è infatti meccanicamente diverso dal farlo “per gioco”, sia dal punto di vista delle skill necessarie, sia per la strumentazione utilizzata, fatta di joystick e visori VR presi in prestito dall’industria videoludica.
È un caso emblematico di come l’esperienza di gioco e quella di non-gioco non siano sempre così facilmente distinguibili..

“It’s like playing a computer game, you know?” Olexsandr says of his deadly and unenviable task, which, in the pervasive climate of war, has become almost shockingly routine for him. “It’s fun, you know? When it’s fun, when you relax, it’s easy. When you are tense, it is not possible to work correctly. Anyone can do it.”

Il videogioco non è solo comunicazione, retorica, propaganda. Il videogioco è sempre prima di tutto uno strumento per giocare e distrarsi.
Come riportano diversi giornalisti, anche al fronte non è raro trovare soldati che ingannano l’attesa, sfogano la tensione o scacciano la noia giocando. Grazie alla rete Starlink Internet è diffuso su quasi tutta la linea del fronte e questo ha un effetto anche sulle abitudini ludiche dei soldati. I titoli più usati sono infatti giochi online per i dispositivi mobili. I giochi più diffusi sono proprio quelli a tema bellico, uno su tutti: World of Tank Blitz, versione mobile del titolo multiplayer World of Tank. La storia di World of Tank è, tra l’altro, pesantemente intrecciata al conflitto in corso. Il gioco uscito 10 anni fa (il cui trailer visto oggi sembra inquietantemente profetico) si è diffuso rapidamente sia tra i giovani ucraini che russi; tanto che, tra il 2011 e il 2021, i due giocatori che generavano maggiori incassi durante gli eventi di e-sport erano il russo Kirill Ponomarev e l’ucraino Dmytro Frishman, entrambi appartenenti alla stessa squadra. Ancora durante l’inizio dell’invasione in forze dei russi nel 2022, il gioco aveva metà dei suoi server in Russia e da poco aveva spostato il proprio quartier generale in Bielorussia. La cosa è poi cambiata pochi mesi dopo quando la casa di produzione, la Wargaming, ha deciso di abbandonare completamente la federazione russa.

Interrogandosi su come sia possibile che qualcuno direttamente coinvolto in uno scenario di guerra possa trovare divertente, rilassante, dedicarsi a un gioco che proprio di guerra tratta, emerge una caratteristica fondamentale e spesso fraintesa dei videogiochi.
Le simulazioni interagiscono con la realtà ma non ci si mischiano. Le simulazioni sono “sistemi soggettivi che creano una crisi del giocatore” ma una mente integra percepisce sempre il “simulation gap”, la differenza tra la rappresentazione e la sua origine. Questa distanza è il luogo dove avviene il dialogo tra il gioco e il giocatore, un dialogo che effettivamente può essere problematico a volte ma che rimane sempre un confronto aperto.
Una società in tempi di pace ha difficoltà a vedere questa distanza, tende più facilmente a investire l’ambito ludico delle paure e delle preoccupazioni per la propria sicurezza. Ma quando l’orrore di una guerra irrompe, quando la tragedia diventa inaggirabile, impossibile tra fraintendere, allora diventa evidente la differenza tra un gioco che tramite una veste “violenta” esalta qualità come il gioco di squadra, la strategia, il problem solving; e la violenza sostanziale che non lascia dietro di sè altro che macerie.

Much of World of Tanks’ strategy relies on piloting a tank around battlefields that look handpicked out of World War II and other conflicts. Players rely on how fast, strong and well-armed their tanks are compared with other players’, and, as in actual tank battles, can use terrain to mask and protect their armored sprites.
But even devotees of the game like Honey will point out that in real life — especially in the shell-raked trenches of Ukraine’s eastern front — they have a different strategy: survival.
The closer you get to the shelling, Honey said, “even if there is internet, you don’t really want to play.”


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