A cura di @s1m0n4.
Il personale dei club sportivi dell’Île de France verrà formato alla prevenzione contro la radicalizzazione dei giovani.
Il vice-presidente della regione, Patrick Karam, afferma che la radicalizzazione può anche avvenire in soli 3 mesi e che bisogna quindi agire tempestivamente, allertando le autorità, senza però mettere in pericolo la sopravvivenza del club.
A luglio del 2016 il Ministero degli Interni ha espresso preoccupazioni nel constatare la diffusione di alcune pratiche eticamente discutibili in ambito sportivo come proselitismo islamico, tenute tradizionali agli allenamenti, rifiuto della mescolanza di genere, preghiere.
Ed è anche quello che emerge dalle testimonianze degli allenatori:
Autour de la table, les incidents vécus dans les différentes disciplines sont similaires. « Quand un gamin me confie : “Je ne peux pas aller me doucher avec les autres, par pudeur!”, je lui dis OK, rapporte un coach. Mais quand il réclame du halal, puis entraîne trois joueurs à faire la prière, là, faut reposer le cadre. » Une responsable de club se souvient : «Moi, on m’a même demandé les factures pour prouver que j’avais bien acheté du halal! Ces cinq dernières années, c’est que de la revendication! Un premier a prié dans le vestiaire, puis d’autres sont arrivés en djellaba, avec leurs sonneries de portables qui appelaient à la prière…» Un dirigeant de club de taekwondo est perplexe : «On m’a spécifié : “En compétition fédérale, vous appliquez le règlement, donc pas de voile, raconte-t-il. En revanche, chez vous, vous faites comme vous voulez.” Mais on a des menaces… L’un des jeunes a dit : “On va faire passer ça en demandant aux élus.” »
In seguito alla vittoria di una Francia multietnica ai mondiali del 1998, il mito dell’integrazione “black-blanc-beur” (neri- bianchi-nordafricani) si è diffuso portando con sé un certo lassismo sulle rivendicazioni culturali degli atleti, soprattutto negli sport da combattimento, nelle arti marziali e nel calcio.
Fra i terroristi passati per i club sportivi troviamo infatti Mohammed Merah, che praticava il calcio, Yassine Salhi (boxe tailandese e altre arti marziali), Amedi Coulibaly (boxe tailandese) e Chérif Kouachi, membro di un club ormai sciolto per radicalizzazione ma ricreato in seguito con un nome e le stesse pratiche salafite.
Immagine da pixabay.
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