A cura di @Space Tractor e @Anna.
Nel 1996 un gruppo di ricerca europeo scoprì che la presenza di una variante di un certo gene comportava un maggiore rischio di sviluppare un disturbo depressivo. All’epoca questa scoperta fu ritenuta sensazionale, ed ispirò ulteriori 450 lavori pubblicati nell’arco di vent’anni.
Ma un nuovo studio dimostra che questa apparentemente robusta mole di lavoro è in realtà un castello di carte costruito su fondamenta inesistenti.
Mattew Hudson spiega su Pocket le teorie che connettono evoluzione e depressione o pensieri suicidi, discutendone tesi e limiti scientifici.
Immagine da Flickr.
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