Un articolo apparso sulla rivista Il Mulino discute, a partire da un progetto di ricerca in ambito sociologico di tipo qualitativo, il cambiamento delle donne nei confronti della maternità. A partire da interviste a donne italiane e spagnole, effettuate fra il 2016 e il 2017, si discute il fatto che la bassa fecondità dei due paesi possa non essere dovuta solo a ragioni prettamente economiche, ma anche di progettualità delle donne.
Quello che tutte le nostre intervistate che postpongono sembrano avere in comune è il «volersi prendere del tempo» prima di scegliere di avere figli. In alcuni casi il tempo è necessario per trovare un lavoro o una soluzione abitativa più consona, in altri per viaggiare e occuparsi di sé. A prescindere dalle circostanze particolari, dai dati emerge che la maternità non è un bisogno o un’azione irriflessa, ma oggetto di una scelta, influenzata dalle condizioni personali di chi la compie, tanto quanto dalle opzioni disponibili e dai contesti in cui avviene. […]
Ne emerge uno scenario in linea con la tesi della cosiddetta «seconda transizione demografica». Nel passato, le opzioni «non avere figli» o «prendersi del tempo per valutare se e quando avere figli» erano raramente disponibili. Avere figli era la cosa naturale da fare, la scelta automatica, spesso poco esaminata: l’unica opzione realmente aperta e incoraggiata dal contesto, non sappiamo fino a che punto effettivamente la più desiderata. L’alta fecondità dei Paesi mediterranei potrebbe essere stata un effetto di adattamento al contesto, per dirla con il teorico politico Jon Elster, e non una «vera scelta».
Sfortunatamente le preferenze adattive sono per lo più impossibili da distinguere dalle preferenze autenticamente libere. Il contesto attuale è tale per cui esistono nei fatti alternative all’essere madre meno stigmatizzate. Le donne sono più libere dai ruoli prescritti di madri o mogli, possono scegliere di aspettare prima di dare un contenuto positivo alla loro scelta di essere madre/non madre. L’ipotesi che vorrei avanzare è che oggi i contesti, nel caso italiano e spagnolo, determinano meno le scelte di fecondità e lasciano le donne più libere di decidere e spesso più esposte alla sospensione della decisione.Contrariamente alla retorica diffusa secondo cui le donne in Italia e Spagna non fanno figli perché non possono e perché non sono libere, vorrei suggerire che lo spazio vuoto lasciato dalle politiche sociali che le sostengono nella scelta di maternità, dalla parità imperfetta tra i generi in famiglia e nel mercato del lavoro apre uno spazio di libertà, quantomeno di libertà negativa. Una libertà intesa come «non interferenza», come possibilità di diventare quello che si sceglierà di essere.
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