In occasione dell’uscita di The Brutalist nelle sale cinematografiche italiane il 25 gennaio, proponiamo questo articolo del giornalista e critico cinematografico freelance Gabriele Niola sul sito della rivista Domus.
In genere i film che parlano direttamente degli architetti o delle opere architettoniche di solito non rendono un gran servizio all’architettura o al design, a partire da come le opere sono inquadrate, con grande fatica nel coglierne la bellezza, i pregi o il potenziale rivoluzionario.
Questo film è un’eccezione a questa regola perché
l’architettura al cinema è molto più efficace quando collabora con la storia, quando è un elemento tra i molti (magari importante, magari no) rispetto a quando è il centro del racconto…
Il regista non solo mette su schermo alcune delle migliori immagini possibili di architettura e design, ma sa cogliere e rappresentare lo specifico di ciò che rende l’architettura una forma d’arte, e come si possa parlare di sé, del mondo e delle relazioni tra le persone attraverso il design e la progettazione.
Il film offre un viaggio visivo affascinante attraverso paesaggi urbani e architetture imponenti, che riflettono temi di alienazione e resilienza e cattura con precisione l’essenza del brutalismo, è un’opera potente che invita alla riflessione, lasciando un’impronta duratura nello spettatore.
Il bello di The Brutalist è che è totalmente dedito alla sua materia. Questo è un film innamorato del design e dell’architettura, fin dai titoli di testa. È una celebrazione non solo delle grandi opere, ma di ciò che l’architettura può fare per le persone e per la società. Raramente un film ha saputo catturare l’essenza dell’arte architettonica come quando, al momento della presentazione della libreria costruita per il grande magnate, una delle persone invitate commenta: “Questa libreria mi ricorda una novella che ho letto anni fa su una biblioteca infinita…”, centrando quell’aspetto cruciale di ogni forma d’arte: la capacità di mettere in connessione, nella testa di chi ne fruisce, la propria forma con qualcosa di già esperito, altre sensazioni, altre opere, altre narrazioni che gli danno un senso. Far lavorare la mente attraverso le connessioni.
Il regista Brady Corbet ha vinto il Leone d’Argento, un grosso premio che ogni anno rappresenta il massimo riconoscimento conferito dalla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia per quel che riguarda esclusivamente la regia delle pellicole ( qui una breve ma intensa recensione di un certo @Mambombuti:disqus che lo vide proiettato proprio a Venezia nel 2024).
Qui un link , sempre dal sito della rivista Domus, per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento Brutalismo.
La pagina Spettacoli di SKY tg24 segnala che la pellicola è stata scelta come miglior film del 2024 dal NYFCC.
Il NYFCC è uno dei gruppi di critici più rispettati negli Stati Uniti. Composto da circa 50 critici, è noto per aprire la stagione dei premi cinematografici. I vincitori sono selezionati attraverso un processo di voto per ogni categoria. Quest’anno, è stato votato come miglior titolo del 2024 The Brutalist
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