Sul Corriere della Sera un articolo parla dell’esplosione del fenomeno AirBnB in Italia con alcuni dati interessanti.
Secondo le stime, dopo la pandemia
il numero delle «unità abitative» offerte in affitto breve dal 2017 e poi da subito dopo la pandemia sia esploso di oltre il 50% e, agli attuali tassi di crescita, appaia già all’orizzonte la prossima tappa: fra pochissimi anni ci saranno un milione di opzioni diverse in rete per il pernottamento privato in Italia.
I ricavi totali da questa attività nel Paese dal 2017 all’anno scorso esplodono crescendo di oltre tre volte da 2,6 a 8,8 miliardi di euro e sicuramente quest’anno stanno senz’altro superando anche la soglia dei nove miliardi.
È come se una nuova classe sociale fosse nata
È nato, in qualche misura, un nuovo ceto sociale. O almeno un gruppo sociale legittimamente accomunato dagli stessi interessi. Gli «host» (soggetti ospitanti) di immobili offerti su AirBnB in Italia sono ormai 350 mila e gestiscono in media 2,1 appartamenti per ciascuno.
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I ricavi annui per immobile messo sulla piattaforma sono più che raddoppiati a 11.700 euro all’anno, mentre i ricavi per ciascun «ospitante» in media sono cresciuti ancora di più: da 10 mila euro all’anno del 2017 a 25 mila euro all’anno.
Visti questi numeri, si capiscono le recenti polemiche sulla proposta di aumentare la tassazione sui ricavi da AirBnB.


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