Nel 1999 le Poste britanniche iniziano ad usare un nuovo sistema di contabilità sviluppato da Fujitsu, chiamato Horizon, per gestire le microtransazioni degli uffici postali del paese.
Paolo Attivissimo sul suo blog il Disinformatico racconta la catena di eventi che segue a questa, apparentemente innocua, evoluzione tecnologica.
Il signor Alan Bates è un cosiddetto sub-postmaster: dirige una delle tantissime succursali delle Poste britanniche, quella di Craig-y-Don, nel Galles. Un anno dopo l’introduzione del sistema Horizon, Alan Bates segnala formalmente alle Poste che il sistema ha dei problemi: crea degli ammanchi che in realtà non esistono. Nel frattempo ci sono già state sei condanne di altre persone per frodi registrate dal sistema, ma secondo Bates si tratta invece di errori del software, che è prodotto dalla Fujitsu. Le Poste britanniche negano e nel 2003 rescindono il loro contratto con Alan Bates.
Nonostante gli avvertimenti di Bates, Horizon rimane in funzione e i guai si moltiplicano. Horizon segnala erroneamente degli ammanchi negli uffici postali e le Poste denunciano i gestori delle filiali per furto.
Durante i processi gli imputati però hanno grosse difficoltà a difendersi perché le evidenze sono contro di loro.
La situazione dei gestori accusati di frode era disastrosa. Loro, comuni cittadini, contro una grande e famosa azienda informatica, e soprattutto contro il mito dell’infallibilità dei computer nel fare i conti, che in alcuni paesi è anche un assunto legale: i tribunali danno per scontato che un computer funzioni perfettamente fino a prova contraria.
Era più facile pensare che i singoli gestori avessero prelevato soldi dalla contabilità della loro succursale che immaginare che il costosissimo software contenesse errori di calcolo madornali e strutturali. Le prove informatiche degli ammanchi sembravano talmente schiaccianti che molti consulenti legali consigliavano ai gestori incriminati di dichiararsi colpevoli di frode contabile; in cambio le Poste britanniche avrebbero ritirato l’accusa, ben più grave, di furto.
Infatti è molto difficile dimostrare che un software sbaglia, specialmente se non lo fa in modo continuo e sistematico. In genere fanno fede i log, cioè i file dove sono registrate le attività svolte dal programma.
Nel caso di Horizon però, anche questi log non venivano scritti correttamente.
Gli atti dei vari processi per la vicenda Horizon documentano casi come quello della signora Burke, un’addetta di una succursale postale, che si è accorta un giorno che il prelievo di denaro fatto da un cliente, di cui lei si ricordava, non risultava nei log. La signora è riuscita a rintracciare il cliente, è andata a casa sua e gli ha spiegato l’accaduto. Il cliente per fortuna aveva ancora la ricevuta rilasciatagli dal software al momento del prelievo. Quel prelievo che secondo il software non era mai avvenuto. Se non ci fosse stata quella ricevuta cartacea, i log avrebbero inchiodato la signora, accusandola di aver rubato dalla cassa i soldi prelevati dal cliente.
La maggior parte dei gestori non sono stati però fortunati come la signora Burke, il cui caso viene archiviato nel 2016, 16 anni dopo la segnalazione di Bates e due anni dopo una perizia tecnica di cui parleremo in seguito.
Oltre 700 gestori di filiali delle poste britanniche hanno ricevuto condanne penali per frode contabile e furto, perché il software difettoso di Fujitsu faceva sembrare che togliessero soldi dalla cassa. Migliaia di altri gestori hanno dovuto pagare somme ingenti alle Poste britanniche per coprire gli ammanchi di cui erano accusati. Fra il 2000 e il 2014, le Poste britanniche hanno portato in tribunale 736 di questi gestori: in media un gestore a settimana. Alcuni sono finiti in carcere, addirittura durante la gravidanza, come è successo a Seema Misra, condannata per furto e messa in prigione nel 2010 quando aspettava il secondo figlio, additata dalla stampa locale come “la ladra incinta”, ma completamente scagionata dieci anni dopo. Altri sono finiti sul lastrico e hanno anche dovuto affrontare il disprezzo delle proprie comunità, che li vedevano come persone disoneste che avevano violato la loro fiducia in un ruolo così centrale. Qualcuno, tragicamente, si è tolto la vita.
Horizon aveva una serie di problemi che non dovrebbero mai comparire in un’applicazione che fa transazioni:
- i dati della succursale non erano sempre coerenti con quelli dell’archivio centrale, facendo sembrare che i gestori avessero commesso delle irregolarità;
- spesso creava transazioni duplicate, per cui i soldi risultavano entrati in cassa due volte ma in realtà erano materialmente presenti una volta sola;
- se una transazione locale avveniva mentre veniva generato il resoconto periodico della succursale, Horizon “dimenticava” quella transazione, creando errori di cassa;
- specialmente quando era sovraccarico, perdeva dati. Per esempio, come nel caso Burke, un cliente veniva autorizzato dal software a prelevare denaro ma poi il prelievo effettuato non veniva registrato. E così in cassa mancavano senza giustificazione i soldi dati al cliente.
I tribunali e le Poste britanniche hanno preferito pensare a lungo che si trattasse di un problema di gestori disonesti. Eppure c’era un dato concreto che avrebbe dovuto insospettire i responsabili del software: subito dopo la sua installazione, il numero delle anomalie di cassa era aumentato enormemente. Era improbabile che così tanti gestori fossero diventati di colpo ladri tutti insieme, ma si è preferito dare la colpa a lungo a loro invece che sospettare un errore del computer e del software di Fujitsu.
Ottenere giustizia per i gestori non è stato né semplice né breve. Solo nel 2014 riescono ad ottenere una perizia tecnica favorevole. Ma, come il caso Burke dimostra, Horizon, che nel 2010 si è evoluto in una versione online Horizon Online, mantenendo elementi del vecchio programma, continua a commettere errori.
Nel 2014, a distanza di quindici anni dall’introduzione del software Horizon e cinque anni dopo che un gruppo di questi sub-postmaster che avevano subìto gli errori di Horizon aveva costituito un’associazione per chiedere giustizia, arrivando poi all’attenzione dei media [in particolare ComputerWeekly] e in tribunale, finalmente una perizia tecnica indipendente ha dimostrato che il software sbagliava davvero, e creava davvero ammanchi di cassa inesistenti.
Una volta ottenuta questa dichiarazione ci sono voluti altri anni di cause costose per riuscire ad ottenere dei risarcimenti (le Poste e il governo si sono opposte) e l’annullamento delle condanne.
A dicembre 2019, dopo una lunga serie di azioni legali civili, le Poste britanniche hanno deciso di ammettere i propri errori e di indennizzare ben 555 persone per un totale di 58 milioni di sterline (circa 66 milioni di franchi o euro). Ma i tre quarti di questa cifra non finiranno nei conti delle vittime: serviranno a pagare le loro spese legali. E Fujitsu, intanto, continua a essere fornitore delle Poste britanniche.
Questo scandalo è stato seguito anche da Marina Hyde sul Guardian, qui un editoriale del 2022 e qui uno pubblicato nel maggio 2023. Potete anche consulate un riassunto della vicenda pubblicato sulla BBC.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.