La procura di Milano ha concluso le indagini (caporalato e svariati reati fiscali) su Uber, piattaforma di consegna a domicilio. Le stesse indagini avevano portato il Tribunale di Milano (caso unico) a commissariare l’azienda in Italia.
Secondo l’accusa — oltra ai reati fiscali — il modello di business era deliquenziale (e simile al caso Straberry): «approfittavano dello stato di bisogno dei lavoratori, migranti richiedenti asilo dimoranti nei centri di accoglienza straordinaria, pertanto in condizione di estrema vulnerabilità e isolamento sociale» e li avviavano a «condizioni di sfruttamento».
Nelle 15 pagine di conclusione indagini i dettagli che emergono non solo paghe da fame: “confisca” delle mance, decurtazioni arbitrarie dello stipendio, minacce. Cosa di cui la dirigenza si rendeva ben conto; Gloria Bresciani, manager di Uber Italia: «Davanti a un esterno non dire mai più “abbiamo creato un sistema per disperati”. Anche se lo pensi, i panni sporchi vanno lavati in casa e non fuori».
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