A cura di @NedCuttle21(Ulm).
Nel quarantesimo anniversario della pubblicazione di Unknown Pleasures, disco di debutto dei Joy Division, Rolling Stone pubblica un omaggio alla celebre band britannica del compianto Ian Curtis scritto da Giorgio Moltisanti.
Le parole sono importanti. A pensarlo non è solo Nanni Moretti in una scena di Palombella Rossa. Chi più chi meno, prestiamo tutti sempre la massima attenzione ai termini che usiamo. Affinché i nostri interlocutori possano comprenderci, o persino ammirarci. Per questo assai difficilmente nei nostri discorsi e nei nostri scritti andremmo di proposito a calpestare una merda. Ça va sans dire. Quando succede, se succede, solitamente si tratta di uno scivolone, di un’uscita infelice dettata da fattori contingenti. La rabbia di sicuro fa straparlare, la fretta si dice sia cattiva consigliera, l’amore di certo può creare vari blackout comunicativi, oltre che imprevedibili balbuzie.
Tuttavia, come spesso succede, nulla supera la sfiga. Ne sa qualcosa il collega che incominciò con “un album di solido classic Bowie che testimonia, dopo tante voci, l’intonso stato di salute dell’uomo e dell’artista” l’analisi di Blackstar nel gennaio del 2016. E ne sa qualcosa il tale che trent’anni prima, nel 1986, parlando di The Final Countdown degli Europe scrisse “di sicuro con queste tastiere l’hard rock svedese ha i giorni contati”. Ma per la tempistica, la prontezza di riflessi, la delicatezza delle parole e la sagace scelta dell’esempio, la mia personale statuetta per il miglior “Che Cazzo Sto Dicendo Award” goes to Jon Savage.
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