Una donna cammina per la strada, quando sente in una natica il dolore di una puntura. Si gira, scruta i passanti, ma lo sconosciuto si è ormai dileguato…
Questa scena – vera o immaginata – si ripresentò più e più volte nella Parigi del 1819-1820. Agli occhi dei francesi si trattava di di un nuovo genere di aggressione, che finì ben presto per generare una vera e propria psicosi. Oltre quattrocento furono i casi denunciati in pochi mesi. Questo “panico da punture” è stato raccontato nel 2013 dallo storico Emmanuel Fureix; la vicenda è stata poi riportata in un articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo apparso sul sito Leggende Metropolitane:
Si trattava di una tipologia inedita di delitto, che non corrispondeva né alle violenze abituali, né alle categorie giuridiche esistenti. Nella giurisprudenza dell’epoca esisteva il reato di “atto indecente” o di “aggressione indecente”, ossia due delitti nelle cui fattispecie era difficile far rientrare quelle novità. Eppure, era indubbio che in quegli episodi ci fossero connotazioni sessuali. La polizia coniò per questi “nuovi criminali” un nome nuovo, presto rilanciato dalla stampa: piqueurs (“punzecchiatori”).
Le aggressioni avvenivano di solito alla sera, in spazi pubblici di interazione tra i due sessi: un palco a teatro, un mercato, a volte un negozio; ancora più spesso, avevano per scena strade o piazze. I corpi che si sfioravano in mezzo alla folla incoraggiavano il crimine. Lì le vittime – giovani donne “oneste” che lavoravano in casa o in bottega – erano punte spesso fino a farne uscire il sangue.
I criminali non sceglievano a caso, ma cercavano le cosiddette oies blanches (“oche bianche”): ragazze “innocenti”, vestite modestamente, magari dall’aria timida e casta; una tipologia di donna oggetto di fantasie maschili e onnipresente nella letteratura romantica.
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