A cura di @NedCuttle21(Ulm).
Come funziona la valutazione della didattica universitaria nel nostro paese e quali sono le differenze tra il sistema di valutazione italiano e quello statunitense? Esistono concreti progetti indipendenti, collaborazioni tra docenti o strumenti di autovalutazione volti al miglioramento della didattica? I docenti impiegati nelle nostre università accolgono con favore queste forme di valutazione della qualità del loro insegnamento o sono in larga parte refrattari ad esse? La macchina della valutazione della didattica è dotata di un personale tecnicamente valido e numericamente adeguato allo scopo? A queste domande cerca di rispondere su Scienza in Rete Marco Capovilla, docente a contratto presso vari istituti.
Permettetemi di iniziare con la mia esperienza. La prima “visita in classe” da parte di valutatori della didattica durante una mia lezione universitaria l’ho ricevuta nel 2010. Avevo da poco iniziato a insegnare nel campus milanese del consorzio di università statunitensi IES Abroad, che, fondato nel 1950, raggruppa oggi 235 college, tra cui anche prestigiose istituzioni come Yale, Harvard, MIT, Carnegie Mellon, Johns Hopkins, Brown, Cornell, University of California. Gli osservatori, cioè l’Academic Dean (la Preside) e il direttore del centro di Milano, dopo avermi preventivamente avvertito della data della loro visita, hanno assistito a una delle mie lezioni a studenti americani in trasferta di studio per un semestre in Italia (qualcosa di paragonabile agli scambi Erasmus+ dei nostri studenti europei). Durante tutta la lezione, preside e direttore hanno annotato sui loro taccuini il modo in cui spiegavo la materia, come mi rivolgevo agli studenti, come riuscivo (o non riuscivo) a coinvolgerli, quale mix di metodologie didattiche adottavo (lezione frontale, lavoro di gruppo, discussione collettiva, ecc.), come mi muovevo davanti ai miei alunni, il tono della mia voce, la prossemica, quali sussidi didattici e strumentazione ICT utilizzavo, come rispondeva la classe ai miei stimoli, e via dicendo. Al termine hanno ringraziato, mi hanno salutato e se ne sono andati.
Immagine da Wikimedia.
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