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Andrés Iniesta, come una danza

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Su Doppio Zero, la recensione a firma di Andrea Pomella di Andrés Iniesta, come una danza, l’ultimo lavoro di Gianni Montieri che parla proprio del calciatore di Fuentealbilla, ora al Vissel Kobe ma divenuto leggendario nel Barcellona.

L’epica, in età classica, era la narrazione delle gesta compiute da uomini eccezionali che con le loro imprese avevano fatto grande un popolo e avevano reso onore alle divinità. Se si può parlare di un’epica moderna, possiamo dire che i racconti sportivi sono quelli che meglio si prestano a rinverdire i fasti del genere. Eppure, raccontare lo sport con gli strumenti della narrativa contemporanea non è mai stato semplice. Se poi parliamo di calcio, ci accorgiamo che la letteratura spesso mal si adatta a condensare e a restituire l’energia, il sogno, il caos e la creazione che orbitano intorno a un gol, figuriamoci l’arco di una vita fatta di vittorie e di sconfitte, di gloria e di umiliazioni, di fuoco e di cenere.

“Il calciatore sta sul campo da gioco completamente esposto. È allo scoperto”, diceva Marguerite Duras. “Se è un fesso, si vede subito, se è un mascalzone, anche”. Quando il calciatore non è né un fesso né un mascalzone, ma anzi, è un uomo intelligente, gentile, mite, tutt’altro che eccessivo, umile, umilissimo, perfino nella conformazione fisica gracile e delicata, insomma, quando il calciatore non è – come si dice – un personaggio, le cose si complicano ancora di più.

Immagine di Marc Puig i Perez da Flickr


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