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Chi guadagnerebbe davvero dal reddito di base universale? [EN]

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A cura di @NedCuttle21(Ulm) (modificato).

Un articolo di Nathan Heller pubblicato sul New Yorker discute i pregi e i limiti del reddito di base universale, partendo dal caso dello Speenhamland System, dal nome del luogo della contea inglese del Berkshire nel quale tale esperimento di protezione sociale ebbe inizio. Il piano inglese non solo prevedeva dei sostegni al reddito dei lavoratori meno abbienti che fossero proporzionali all’aumento del prezzo del pane, ma anche degli aiuti in denaro, o in altra natura, a chi un lavoro, magari perché disabile o perché troppo anziano, non poteva permetterselo. Presto lo Speenhamland System si diffuse in gran parte dell’Inghilterra, ma un aumento parallelo della popolazione indusse l’economista Thomas Malthus a metterne in discussione l’efficacia. Secondo Malthus, i percettori dei sussidi tendevano a mettere al mondo più figli rispetto a prima, e ciò nonostante fossero lontani dal poterselo economicamente permettere. A Malthus seguirono altri oppositori, come David Ricardo. Perfino Marx ne criticò l’impianto, ritenendo che il provvedimento inducesse i datori di lavoro a tenere bassi i salari. Nel 1834, una commissione creata all’uopo, dopo averne stabilito l’insuccesso, abolì lo Speenhamland System sostituendolo con le workhouse di dickensiana memoria.

L’esperimento fu portano nel 1969 all’attenzione di Richard Nixon, che all’epoca intendeva varare un programma per cui ogni famiglia americana composta da quattro persone, a reddito zero, ricevesse 1.600 dollari annui – pari a circa 11.000 dollari attuali -, a parte i buoni alimentari. Gli aiuti sarebbero progressivamente diminuiti man mano che i guadagni delle famiglie incluse nel progetto fossero aumentati.  Come spiega Heller, apprendere del fallimento di un programma contro la povertà, simile a quello da lui presentato, preoccupò molto Nixon e il progetto si arenò al Senato, dove trovò l’opposizione sia dei democratici sia dei repubblicani. Oggi, in un’epoca di profondi cambiamenti nel mondo del lavoro, il tema di un reddito di base universale (U.B.I. – Universal Basic Income) è tornato al centro del dibattito politico e, secondo lo storico olandese Rutger Bregman, la lezione di Speenhamland deve essere riletta sotto una nuova luce.

According to Bregman’s analysis, accounts of Speenhamland’s disastrousness were based on a single report by the commission empowered to replace it. The report was “largely fabricated,” Bregman writes. The era’s population growth was attributable not to irresponsible family planning, as Malthus thought, but to an excess of responsibility—children, once they reached working age, were lucrative earners for a household—plus declining rates of infant mortality. (Parallel population explosions happened in Ireland and Scotland, where the Speenhamland system was not in effect.) Wages were low during Speenhamland, but, the historian Walter I. Trattner has noted, they were nearly as low before Speenhamland, and the extra falloff followed the adoption of the mechanical thresher, which obviated an entire class of jobs. Speenhamland does offer a lesson, in other words, but it is not the one most widely taught.

Immagine da Flickr (British Library).

 

 


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