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Come si vestono i nostri parlamentari

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A cura di @S1m0n4.

Un articolo su RivistaStudio passa al setaccio le scelte di abbigliamento dei parlamentari nel loro secondo giorno di lavoro.

Perché abiti ed eloquio vanno spesso a braccetto in fatto di stile, come suggerisce Fabiana Giacomotti, docente di Storia dei processi culturali e direttore scientifico del Master in Comunicazione e Valorizzazione del Made in Italy all’Università La Sapienza di Roma.

“Beauty is the truth, truth beauty”, come diceva Keats». Giusto, ma nel concreto? «Imparino innanzitutto a parlare, a controllare il vernacolo. Le scarpe con la zeppa, le cravatte dai colori cheap sono tollerabili in persone dall’eloquio piacevole, fanno persino tenerezza. Risultano intollerabili tra sgrammaticature e dialetti». Ecco: bene ma non benissimo, almeno entrando in Transatlantico il secondo giorno di legislatura.

Intanto dopo i primi passi si capisce subito che c’è un tema pins: le prime, ovviamente, era stato Berlusconi a imporle, anzi facevano proprio parte del celeberrimo kit del candidato, a forma di bandierina di Forza Italia, e lui stesso quando va in tv la porta spesso appuntata sul gigantesco rever a lancia dei suo completi. I forzisti che le portano oggi sono pochini, e anche questo qualcosa vorrà dire. Le hanno invece in massa i leghisti: sono le spillette con Alberto da Giussano che sguaina lo spadone e c’è da chiedersi perché, visto che quella simbologia nel partito è ormai modernariato, ma tant’è. Il problema dei leghisti è che spesso indossano giacche già dotate di pins, quelli dei marchi; risultato: il povero Alberto giace arroccato su un fiorellino o su un cerchietto, con tragico effetto arricciamento. Anche i Cinquestelle – sarà il patto della spilletta – ne hanno di loro: sono cinque stelle, appunto, tutte in orizzontale, ed è subito divisa militare alla Classe di Ferro con Adriano Pappalardo.

Immagine da Flickr.


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