Su lavoce.info, Stefano Olivari (Centro Studi Confindustria) illustra progressi e criticità del PNRR.
L’Italia è uno dei maggiori beneficiari del Fondo europeo per la ripresa, lo stanziamento UE per i paesi più colpiti dalla pandemia. Il nostro Paese è anche uno dei meglio messi per quanto riguarda il progresso del piano, sia per impieghi che per obiettivi raggiunti (in confronto ad esempio con la Spagna, che arranca in entrambi spesa e traguardi).
Queste considerazioni sono confermate dalla Commissione, che ha ordinato il pagamento della sesta rata del PNRR.
In un quadro positivo, ci sono delle misure che non riescono a decollare (o su cui non abbiamo fatto proprio progressi). Per capire quali sono, Olivari ha sviluppato un indice di avanzamento spesa che tiene conto dei fondi erogati per capitolo (in percentuale sullo stanziato) e dalla consistenza del capitolo stesso.
Olivari spiega che dove i fondi stanziati sono maggiori di 500 milioni di euro, e in presenza di un ritardo significativo, la lacuna non sarà probabilmente colmabile e richiederà una nuova contrattazione del piano.
Ma dove sono i ritardi?
Tra le misure meno performanti, ne spiccano tre per dimensione: le «Politiche attive del mercato del lavoro», gli investimenti «Tecnologie a zero emissioni nette» e «Contratti di filiera agricoltura». Per la prima, era prevista una spesa di 2,6 miliardi entro il 2024, ma al 31 ottobre ne erano stati spesi soltanto il 7 per cento; per le seconde, erano previsti circa 2 miliardi di spesa ciascuna, ma al 31 ottobre non risultava alcuna spesa effettuata.
Sul sito di Confindustria c’è un aritcolo con una tabella più dettagliata («Grafico 6», a metà pagina) con tutti i programmi incagliati. Scorrendola si legge «Asili nido e scuole per l’infanzia», «Partenariati estesi a università, centri di ricerca, etc.», «Riduzione divari scolastici», «Fondo per sistema integrato di strutturi R&I».
Ci sono anche altri progetti finanziaramente più contenuti ma non per questo meno importanti, come i «Dottorati innovativi», le «Catene di approvigionamento strategiche», il «Settore delle batterie».
Per Olivari, se da un lato è possibile che per alcune di queste misure vi sia un ritardo burocratico di comunicazione (fisiologico da parte degli enti attuatori), questo non può spiegare tutti gli sfasamenti.
Il biennio 2025–2026 sarà la chiave di volta del PNRR e il coronamento passerà anche attraverso ad una franca discussione politica sia in Italia che tra Italia e Commissione europea.
Anche ipotizzando di realizzare tutto quanto originariamente previsto nel 2024, nel biennio 2025-2026 rimangono da spendere quasi 108 miliardi. È probabile che entro la fine del 2026 non si riuscirà a farlo. Occorre quindi continuare a discutere i dati, ma per cercare una soluzione, possibilmente in fretta.
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