A cura di @werner58.

Lo scrittore e attivista dell’EFF Cory Doctorow ci trasmette dalla sua mongolfiera un riassunto, integrato dalle sue considerazioni, di un articolo apparso in “New Inquiry” sulla divulgazione scientifica in voga negli ambienti liberal americani e non solo (basato sui podcast della National Public Radio come esempio).

L’articolo originale è lungo e pesante ma Doctorow ne estrae alcune delle osservazioni più interessanti, concentrate verso la fine: ci ricorda che ancora negli anni ’90 era la sinistra a parlare principalmente per immagini, mentre i politici repubblicani citavano “fatti e analisi” in continuazione, non mettevano in dubbio l’effetto serra e chiedevano ai parlamentari di leggere libri su “la società cibernetica e le economie innovative”. Ci fa notare come a vent’anni di distanza i liberals sembrano aver bisogno della “scusa” di “garantire un buono sviluppo cerebrale nei bambini” per lottare contro la malnutrizione, piuttosto che di un semplice argomento etico, mentre i populisti trumpiani mirano dritti ai sentimenti. In ultima analisi, David A. Banks (l’autore dell’articolo originale) sospetta che

Liberal infotainment is full of statements that sound like facts – what social media theorist Nathan Jurgenson calls “factiness” – that do nothing more than reinforce and rationalize the listeners’ already formed common sense, rather than transforming it: what you believed to be true before the show started was not wrong, it just lacked the veneer of factiness. (…) While seemingly definitive answers rooted in positivist thinking can be comforting, they suffocate one’s own ability to make meaning in the world. Under positivism, only the scientist can tell us, for example, that we feel heartbreak in our whole body. No one needs to be stuck in an fMRI to find this out, and yet that is precisely what NPR podcasts do. They stoke existential anxiety by feigning surprise that science told you that just this time you were actually right.