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In difesa della musica contemporanea

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Su suggerimento e a cura di @Issa.

Grazie alle moderne tecnologie ognuno di noi può accedere a una grande varietà di prodotti artistici, spesso anche gratis, ma nonostante ciò c’è un ambito che è rimasto sorprendentemente poco frequentato: la musica contemporanea.

In un articolo pubblicato sul Guardian qualche anno fa, Tom Service risponde ad alcuni pregiudizi tipici di chi si trova di fronte alla musica contemporanea, fra cui la sua presunta inaccessibilità, l’inattualità e irrilevanza e l’uso abbondante delle dissonanze.
Sul New Yorker invece Alex Ross mette in evidenza il rifiuto di parte del pubblico abituale dei concerti e gli effetti che esso ha nella produzione dei compositori: sono sempre di meno i brani di lunghezza media (30-40 minuti), a vantaggio di forme più agili e soprattutto meglio inseribili nei programmi dei concerti.
Ross non manca di sottolineare che molta della musica oggi di repertorio fu grandemente osteggiata ai tempi in cui era musica nuova.

In un altro articolo, ancora Ross ripercorre le tappe di quella che forse è la forma classica per eccellenza: la sinfonia. Ripercorrendone l’evoluzione nell’arco del secolo scorso (nota di Issa: con qualche vistosa lacuna), Ross esemplifica la molteplicità di approcci, linguaggi e prospettive che riconduciamo al termine musica contemporanea.
Per finire, Fabio Selvafiorita, commentando il programma della Biennale di Venezia 2015, evidenzia alcune delle criticità tipiche del mondo della musica contemporanea, con particolare attenzione al problema del linguaggio.

Per chi volesse approfondire ed addentrarsi un po’ nell’argomento, segnaliamo questa serie del Guardian.

Immagine di Peter Sayers, da flickr.


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